Caro Direttore Feltri, Lei è un uomo molto saggio e anche schietto. Al di là e al di sopra di qualsiasi partitismo, la prego di rispondere con onestà a questo quesito: il ministro Santanchè non dovrebbe fare qualche passo indietro e ritirarsi, se non altro per non nuocere a tutta la squadra di governo, a Giorgia Meloni e alla maggioranza?
Milena Barcella
Cara Milena,
mi sono già espresso con estrema chiarezza su questo argomento ma lo faccio nuovamente. No, il ministro Daniela Santanchè non deve assolutamente dimettersi poiché ella è stata, a conclusione di una indagine, sì rinviata a giudizio ma non è stata ancora giudicata colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, dunque Santanchè deve essere reputata innocente ed innocente è fino a sentenza definitiva. Fine. Punto. Stop. Su questo non c'è da discutere. Trattasi di un principio costituzionale che non possiamo e non dobbiamo scardinare per motivi di opportunismo politico o di moralismo. Ritengo che la nostra premier Giorgia Meloni debba fare valere questa regola cardinale posta a fondamento della nostra Repubblica mantenendo salda la sua posizione: Santanchè, ministro scelto da Meloni, non deve lasciare il dicastero assegnatole, dove peraltro in questi anni ha lavorato più che bene e molto meglio dei predecessori (unico elemento che dovrebbe essere rilevante), poiché il potere giudiziario non può imporsi su quello esecutivo, che deve difendersi e salvaguardare le sue prerogative e le sue funzioni. Insomma, non basta una indagine e un processo perché un ministro, o comunque una persona che ricopra un ruolo istituzionale, venga dichiarato decaduto. Se tale prassi si imponesse a soffrirne sarebbe la democrazia e il danno sarebbe arrecato non al singolo ministro o leader o politico in generale, bensì al popolo sovrano ed elettore. I ministri non vengono eletti direttamente dal popolo, lo sappiamo, ma la loro designazione, ossia la loro nomina, deriva in qualche modo dal popolo, in quanto essi sono espressione di quella maggioranza scelta e preferita dai cittadini che si sono recati alle urne per designarla alla guida del Paese. Quindi Santanchè ha tutto il diritto, e anche tutto il dovere, di restare dove sta. E la vera dignità non risiede, al contrario di quanto sostengono i cinquestelle e il Pd, che pure hanno avuto e hanno esponenti indagati, sotto processo e persino condannati tra le loro file ma che diventano giustizialisti con gli avversari, nell'abdicare, piuttosto risiede nel resistere, tanto più ove si è in assoluta buonafede e convinti di avere agito onestamente. Se ogni volta che un individuo politico indagato o anche rinviato a giudizio viene costretto sotto pressione della sua stessa maggioranza e della opposizione a ritirarsi, si crea un solido precedente, ovvero una consuetudine, che implica che sia sufficiente recapitare un avviso di garanzia per picconare un governo o una giunta o altro organo.
A Daniela dico: stai dove stai, non muoverti di un centimetro, perché non è compito della magistratura indicare chi possa comporre o non comporre l'esecutivo. Né tantomeno di chi ha clamorosamente perso le elezioni.
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