Tavolo importante al Ministero dell’Industria e del made in Italy sul dossier Ilva. Il primo incontro convocato dal Ministro Urso dopo la pubblicazione del decreto che ha posto tutte le condizioni, economiche e giuridiche, per il rilancio della produzione del siderurgico semipubblico.
Urso però ha voluto convocare al tavolo oltre che i sindacati e l’impresa anche gli enti locali, Comune di Taranto e Regione Puglia insieme a Toti per la Liguria. E questo ha trasformato la trattativa in un mezzo disastro. Perchè gli obbiettivi del sindacato che chiede produzione e occupazione non si possono conciliare con quelle degli esponenti del Pd che chiedono chiusura degli altoforni. Ed è stato proprio questo l'errore che ha tratto in errore Urso: i sindacati pensando di avere più forza la settimana scorsa sono scesi in piazza facendosi scortare da Emiliano e il Sindaco, facendo credere che vi fosse un fronte comune tra lavoratori e amministratori locali. Ma poi i due dem, escludendo il sindacato ("ci hanno preparato il piatto" ha detto Palombella) hanno trattato autonomamente con il ministro Fdl un accordo di programma, che i lavoratori non vogliono.
Emiliano e il sindaco di Taranto a quel punto, avendo gia trattato privatamente con Urso l'accordo, a differenza della settimana scorsa quando sono scesi sotto Palazzo Chigi a manifestare contro il governo, sono stati gli unici a non essersi presentati al Mimit partecipando in collegamento. Il motivo è presto detto: i due dem hanno fatto dietrofront voltando le spalle e abbandonando 700 operai che da Taranto avevano raggiunto Roma di notte. Meglio non incontrarli quindi. “Sono sempre stato dalla parte dei sindacati” aveva detto Emiliano la settimana scorsa in piazza, dimenticando tutte le volte, fino al giorno prima, in cui ha detto “spero che il governo chiuda Ilva”. Mentre i sindacati, da anni, lottano per l’aumento della produzione e la piena occupazione.
Ieri durante il tavolo la rottura si è fatta evidente: Emiliano e il sindaco hanno chiesto un accordo di programma, che i sindacati non vogliono. “Dove lo abbiamo fatto- ha detto Michele De Palma segretario della Fiom- ha portato alla chiusura dell’area a caldo come a Genova e Trieste, e nessun impegno mantenuto”. Valerio D’Alò segretario della Fim ricorda che ad esempio l’accordo di programma di Piombino firmato nel 2018 non è mai stato rispettato, e Jindal, l’azienda a cui Emiliano voleva dare Ilva, a Piombino non ha mai realizzato il forno elettrico previsto nell’accordo di programma. E da allora i lavoratori sono in cassa integrazione. Lo scontro più duro c’è stato con Palombella, il segretario della Uilm, che il sindaco di Taranto ha minacciato di querela. “Come intende procedere ministro? Lei è stato capace di mettersi d’accordo con Emiliano e Melucci, ha fatto un miracolo” -ha detto Palombella a Urso. "Voi siete d’accordo con il rifacimento dell’Afo 5? Gliel’ha chiesto a Emiliano e Melucci? Loro vogliono la chiusura dell’area a caldo. Afo 5 con loro non si farà mai, doveva ripartire anni fa, vedrà che Emiliano e Melucci faranno le barricate per non farlo, lo sa Ministro. Loro hanno sempre decantato di chiudere l’area a caldo e ora dicono Urso ha fatto un lavoro eccezionale!” A quel punto è intervenuto il sindaco Melucci contro Palombella: “devi avere rispetto per le istituzioni. Attento che ti prendi una querela”. “Basta ambiguità sulla pelle dei lavoratori, basta bugie” ha risposto il il segretario della Uilm al sindaco.
Lo scontro poi è continuato fuori dal ministero, dove i segretari hanno spiegato ai 700 lavoratori in piazza la loro contrarietà all’accordo di programma voluto dal Sindaco ed Emiliano. E per la prima volta anche l’Usb, il sindacato più vicino ai due cacicchi locali, si è detto contrario all’accordo fatto dai due. Per la Fim, che non aveva aderito allo sciopero proprio in contrasto con sindaco e regione, parla il segretario Benaglia: “Rispetto a questo quadro non abbiamo ricevuto risposte soddisfacenti e definitive rispetto agli impegni della gestione aziendale, al necessario riequilibrio della governance, per noi indispensabile, e agli obiettivi di maggiori investimenti, aumenti della produzione e della riduzione della cassa integrazione che per noi restano gli elementi principali delle nostre richieste. Non siamo soddisfatti dei programmi produttivi che ci saranno su Taranto, 4 milioni di tonnellate nel 2023 e 5 nel 2024. Sono insufficienti per garantire quella ripresa e quel rilancio che con i soldi dello Stato noi volevamo". "E’ per noi prioritario che questi ulteriori aggiornamenti - dice Benaglia- siano dedicati soprattutto al piano di investimenti, che deve portare anche al rifacimento di AFO5 e al rientro dei lavoratori ancora in cassa integrazione e stabilità e garanzia sul sistema di appalti".
Dura la Fiom: "Se c'è qualcuno che pensa di sostituire quell'accordo con altri tipi di accordo ci spiace, ma non ha il consenso delle organizzazioni sindacali. Noi siamo qui per fare un accordo per migliorare la condizione dei lavoratori e per far ripartire gli impianti".
Il più duro resta Palombella: "Si è discusso di tutto tranne che del lavoro, dei lavoratori e dell’attuale situazione in cui versa l’azienda. Abbiamo fatto un accordo nel settembre 2018 che prevedeva zero esuberi, no ricorso alla cassa integrazione. Dopo pochi mesi accordo viene disatteso con una Cig unilaterale da luglio 2019 per 1.300 lavoratori per crisi di mercato. Il limite dei 6 milioni non è mai stato raggiunto. Siamo passati da 8,5 mln nel 2011 e oggi siamo a 3 mln nel 2022, andamento è fallimentare".
Palombella interviene sui livelli produttivi: “La procedura di richiesta di Cig dello scorso marzo (firmata dal Ministro Orlando senza accordo sindacale) prevedeva 3 anni di cigs per 3 mila lavoratori perché 6 mln di tonnellate non sono sufficienti per sostenibilità finanziaria e piena occupazione. Ora avete fatto accordo che prevede produzione nei prossimi due anni di 4 mln di tonnellate. Nei prossimi due anni l’azienda continuerà a perdere, continuerà la Cig per migliaia di lavoratori? Continuerà a metterci soldi lo stato? Vogliamo sapere perché le aziende di appalto sono fuori senza motivo”.
"Dell’Accordo di programma non sappiamo che farcene- dice Palombella- perché prevede la chiusura dell’azienda. Due altoforni sono a fine campagna entro il 2024 (1 e 2), il 4 avrà qualche altro anno. Quando iniziano i lavori del forno elettrico e del pre ridotto? E ricorda a cosa hanno portato gli accordi di programma fin qui: “Non possiamo tollerare che si faccia la fine di Piombino: chiusura dell’altoforno e nessun forno elettrico.Tra un anno avremo in marcia solamente un altoforno”.
E poi il segretario della Uilm manda una stoccata ai 5 stelle: “Il futuro di Taranto può essere fatto di acquario?"
"Col decreto avete concesso soldi, gestione e controllo di tutto. Ma in cambio il Governo cosa ha avuto? Per i lavoratori e il futuro produttivo cosa si è deciso? State per scrivere la parola fine alla storia dell’ex Ilva, questo è un attentato alla democrazia. Io non sarò mai d’accordo. Lotterò fino all’ultimo lavoratore” conclude il segretario della Uilm.
Lapidario il commento del sindaco di Taranto Melucci: "Spiace registrare, a margine di questo tavolo, che ancora una parte del sindacato è ancorata a vecchie logiche rispetto alla definizione del percorso dello stabilimento siderurgico, ma la città ormai vuole andare in fretta avanti, vuole mettersi alle spalle una stagione di ingiurie e di attenzione verso la produzione”.
"Sia data massima priorità al versamento dei 750 milioni ad Acciaierie d'Italia per rimettere in marcia gli impianti", hanno detto le aziende dell'indotto al Ministro: "Ogni giorno di ritardo è vitale per le nostre aziende. Bisogna diradare le nubi ed evitare che si ripeta quanto accadde nel 2015. Bisogna dare garanzie sulla continuità aziendale, il mantenimento dell'attuale governance e il ripristino al più presto dei flussi di cassa”
Sotto il profilo aziendale l’incontro è andato molto bene. In apertura il presidente di Acciaierie d’Italia Franco Bernabè, che è anche presidente di Dri Italia, azienda pubblica che produrrà il preridotto, ha descritto il piano industriale di questo nuovo impianto su cui è già stato investito un miliardo del Pnrr (idrogeno per hard to abate): due milioni di tonnellate di Dri per Ilva, e altri due per le acciaierie del nord.
Poi ha preso la parola Lucia Morselli, amministratore delegato dell’azienda. Innanzitutto ha tranquillizzato i sindacati rispetto alle richieste del sindaco: “l’area a caldo non chiuderà. Noi l’abbiamo difesa anch'essa sempre e anche a livello giudiziario ci hanno sempre dato ragione. Facciamoci una ragione del fatto che l'area a caldo di Taranto è la più pulita d'Europa. E quindi forse del mondo. E l'area a caldo resterà comunque anche con la decarbonizzazione, perché la conversione a forno elettrico non significa che sparisce l'area a caldo. Noi continueremo a produrre ghisa e acciaio liquido, a fare una produzione primaria. Quindi continueremo ad alimentare anche le produzioni a freddo, questo deve essere chiaro”.
Rispetto al cronoprogramma industriale, che verrà presentato in una riunione il mese prossimo, Morselli ha anticipato che “l’obiettivo nel 2023 è di 4 milioni di tonnellate, e nel 2024 di 5”.
Cosa fondamentale ha confermato l’investimento su altoforno 5, il più grande d'Europa, da 4,5 milioni di tonnellate, annunciando che entro quest’anno è previsto il riavvio.
“Afo 4 è in ottimo stato- ha detto Morselli- Afo 2 molto delicato e poco affidabile, Afo 1 è a fine vita. Il 90% delle prescrizioni ambientali sono state realizzate, manca l’intervento importante sulla centrale elettrica, fondamentale per alimentare produzione. Scade l’aia ad agosto e chiederemo la proroga”.
Morselli ha anche rassicurato i lavoratori e rappresentanti di Genova: “Stiamo difendendo con grande determinazione le aree dell'impianto di Genova in tutti i modi, perché vogliamo far crescere la produzione. Siamo dalla stessa parte dei sindacati e per noi quelle aree sono tutte aree di produzione".
Poi Lucia Morselli ha parlato di nuovi importanti investimenti esterni al perimetro Ilva: “Sono quattro operazioni: un rigassificatore, per il quale abbiamo iniziato a lavorare e siamo anzi già a un terzo dei lavori in collaborazione con operatori internazionali e con il Porto di Taranto. Per il prossimo anno termico contiamo quindi di avere accesso diretto ai produttori di gas. Il secondo investimento è nell'economia circolare, con la loppa che è un sottoprodotto di altoforno, pregiatissimo però per i cementifici. Quindi ci impegneremo per far ripartire il cementificio che abbiamo, collegato allo stabilimento, è un'opportunità visto il fabbisogno di cemento che potrà essere utile anche per la ricostruzione dell'Est. Terza operazione un accordo con Falck Renewables: noi diamo loro l'acciaio e loro daranno a noi energia rinnovabile. Quarto: acqua. Ce ne serve molta e ci attrezzeremo per dissalare, risparmiando l'acqua dei fiumi della zona. Non sarà sulla terraferma ma off-shore, così sarà meno ambientalmente d'impatto". "Cito da ultimo un altro aspetto- ha concluso Morselli- stiamo già usando plastica negli altoforni e quindi siamo una sorta di termovalorizzatore per la regione Puglia”,
Il Ministro Urso in conclusione ha commentato "Inizia un percorso comune in cui tutti ci muoviamo nella stessa direzione con la convinzione che che la siderurgia italiana possa rappresentare davvero un asse fondamentale dell'industria italiana ed europea e che a Taranto si possa creare, nel tempo, il più grande polo siderurgico green d'Europa, un modello per l'intero pianeta".
Rispetto all’aumento di quota pubblica, Urso ha detto "nel 2024, dicono i patti. La differenza è che noi, con questo decreto, così come stabilito dall'articolo uno, nel finanziare le risorse per quanto ci compete all'azienda, prevediamo che si possa esercitare anche prima, quando lo Stato decide di farlo”.
“Il decreto ha appena iniziato il suo percorso- ha concluso Urso-Chiunque voglia apporre modifiche può farlo in quella sede, ovviamente anche le forze sociali e produttive che saranno sicuramente ascoltate dalle commissioni pertinenti. Noi stessi siamo disponibili ad ascoltare eventuali miglioramenti che ci vengono richiesti; ho sollecitato a farlo, e per questo il prossimo tavolo lo abbiamo convocato a distanza di un mese, per ascoltare anche il Parlamento e le forze sociali e produttive".
Non è da escludere che ora i sindacati, non potendo chiedere allo
Stato di scrivere piani quinquennali dell'acciaio, chiedano quantomeno di vincolare l’investimento proprio al riavvio di afo5, l’unico impianto che garantirebbe per almeno 15 anni la vita della fabbrica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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