Pochi giorni fa è stata definitivamente approvata la riforma della Scuola, che tra le altre cose prevede anche il ritorno del voto in condotta, uno strumento per responsabilizzare i giovani a fronte della deriva assunta dagli studenti nelle scuole. Prevede la bocciatura con il 5 e il rimando a settembre, con produzione di un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale, con il 6. In caso non venga presentato o non venga considerato sufficiente, si viene bocciati. Nella stessa riforma è stato introdotto anche un sistema di sanzioni, fino a 10mila euro, per l'alunno o il genitore che aggredisce un docente. "La legge approvata dal Parlamento rappresenta un passaggio fondamentale per la costruzione di un sistema scolastico che responsabilizzi i ragazzi e restituisca autorevolezza ai docenti", ha dichiarato il ministro Giuseppe Valditara. Tuttavia, dalla Germania arriva un attacco alla riforma, che viene considerata di stampo "fascista".
"L'Italia riporta la legge di Mussolini", è il titolo preparato dalla Bild per riferire ai suoi lettori del provvedimento del governo, preparando un affondo contro la riforma. Nel pezzo si spiega che "nel 1924, il voto in condotta fu introdotto sotto il dittatore fascista Benito Mussolini e fu utilizzato fino agli anni '70" e che "la reintroduzione del provvedimento disciplinare fa parte di una riforma dell'istruzione che il governo di estrema destra ha approvato la scorsa settimana". La visione del governo italiano come una formazione di estrema destra permane nelle realtà politiche di stampo socialista come la Germania. L'attacco alla riforma Valditara assume contorni strumentali in quanto, oltre a legarla al Ventennio, nonostante sia rimasta in vigore ben oltre la fine del regime totalitario di Mussolini, afferma che "se uno studente interrompe la lezione non verrà promosso. Anche se ha buoni voti a scuola".
Ovviamente, un basso voto in condotta non è legato a una "interruzione" di lezione ma a comportamenti gravi che lo studente dovesse mettere in atto durante la permanenza nell'istituto. Tra queste, per esempio, ci sono le occupazioni violente, quelle che negli anni precedenti hanno causato danni per milioni di euro agli istituti scolastici. Semplificare il dispositivo come ha fatto la Bild dimostra una volontà di presentarlo in una maniera non realistica, per sottintendere un comportamento tendente al fascista del governo Meloni.
Un'insinuazione che il quotidiano tedesco quasi esplicita in un secondo passaggio, quando sostiene che l'esecutivo italiano adotta un corso "autoritario nella politica dell'istruzione", perché sono stati vietati gli smartphone in classe nelle scuole primarie e nelle scuole secondarie di primo grado.
Distinzione che il quotidiano tedesco non fa quando parla di generico divieto nelle scuole, senza specificare che questo è relativo solo agli smartphone personali, mentre viene incoraggiato l'utilizzo dei device elettronici per l'apprendimento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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