Esattamente un anno fa, sabato 22 ottobre 2023, si insediava il governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni, prima donna premier nella storia della Repubblica. Pur presa in queste ore da impegni internazionali ieri è stata a Il Cairo e poi in Israele, dove ha incontrato il premier Netanyahu e a poche ore dall'annuncio della separazione dal suo compagno, Giorgia Meloni ha accettato di fare con Il Giornale un bilancio di questo primo anno di governo.
Presidente Meloni, le tre cose più importanti che ha fatto?
«È difficile scegliere tra le tante cose che il governo ha realizzato in un anno per fare ripartire l'Italia. Le rivendico tutte, ma sono particolarmente orgogliosa degli interventi decisi con la nostra prima legge di bilancio a favore di famiglie e imprese per fare fronte alla crisi energetica, della riforma del fisco che l'Italia aspettava da 50 anni e che è fondamentale per rilanciare la crescita e creare un rapporto nuovo di fiducia tra Stato e contribuente e del ritrovato ruolo da protagonista dell'Italia sulla scena europea e internazionale. Siamo riconosciuti come una Nazione solida e affidabile».
Tabella di marcia. A che punto siamo?
«Siamo al primo di cinque anni di governo, con tante cose fatte, con una direzione tracciata, ma con la consapevolezza che ancora tante ne abbiamo da fare per continuare a liberare le energie migliori dell'Italia. A testa alta continueremo a fare quelle scelte coraggiose che per troppo tempo non sono state fatte».
Aprendo i cassetti del potere, quale è stata la sorpresa più grande?
«Il potere non è, e nemmeno può essere, il fine. È il mezzo per migliorare la vita degli italiani e bisogna essere sempre consapevoli del fatto che, se non rispetti gli impegni presi, chi ti ha dato la fiducia può togliertela in ogni momento. Governare una nazione non è, infatti, qualcosa di astratto, ma (...)
...) vuole dire prendere decisioni che incidono sulla vita quotidiana delle persone. Il potere è responsabilità. Se hai questo principio bene in mente puoi aprire il cassetto del potere senza rimanerne affascinato».
I sondaggi dicono che in un anno nulla è cambiato nel giudizio degli italiani, semmai è leggermente aumentato il consenso nei vostri confronti. Se lo aspettava? Teme il rinculo da un momento all'altro?
«C'è qualcuno a cui fa comodo fare credere che gli italiani sono un popolo poco attento alla politica e troppo volubile, ma non è così. Abbiamo meritato la loro fiducia e oggi ci riconoscono serietà e capacità nelle scelte e responsabilità nell'azione, anche davanti ad una situazione internazionale complessa. Non ho mai creduto nella Repubblica dei Sondaggi e non intendo iniziare ora. Perché governare vuole dire, a volte, fare anche scelte impopolari i cui effetti positivi si vedranno nel tempo. Non si può rimanere vittime del presentismo e del consenso immediato. Non ho mai avuto paura di perderlo, perché per me è più importante fare la cosa giusta. Il mio obiettivo non è la rielezione, ma sapere che tra quattro anni restituirò agli italiani una nazione migliore di quella che ci è stata consegnata. Saranno gli italiani e il tempo a giudicare il nostro operato».
L'anno scorso, causa i tempi stretti, avete di fatto ereditato la manovra dal precedente governo. Quali sono i punti caratterizzanti della prima legge di bilancio firmata Meloni?
«L'anno scorso abbiamo ereditato una situazione molto complessa con il compito arduo di varare una manovra in breve tempo per non andare in esercizio provvisorio. Nonostante questo, abbiamo fatto delle scelte ben precise ed abbiamo preso una direzione che abbiamo confermato in questa manovra. Una legge di bilancio seria e realistica e che, nonostante i maggiori interessi sul debito da pagare a causa delle decisioni della Bce e della voragine creata dal Superbonus, punta a difendere il potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto quelle con redditi medio bassi, alle quali abbasseremo le tasse grazie alla riforma dell'Irpef. E poi le pensioni: al posto di Ape Sociale e Opzione Donna è previsto un unico fondo per la flessibilità in uscita che garantisce, sostanzialmente, le stesse condizioni attualmente presenti eliminando alcune incongruenze. Siamo intervenuti per la prima volta a tutela di chi in futuro andrà in pensione con il sistema interamente contributivo. Tantissimi italiani, considerati finora figli di un Dio minore e sui quali è stato scaricato l'intero peso della sostenibilità previdenziale. Per loro abbiamo eliminato l'assurda norma secondo la quale non si aveva diritto a riscuotere la pensione di anzianità al suo raggiungimento, se l'importo non raggiungeva 1,5 volte l'assegno sociale. Non dimentico poi gli oltre sette miliardi di euro stanziati per gli aumenti contrattuali del pubblico impiego, con priorità al comparto difesa-sicurezza ignorato per troppi anni, gli incentivi alla natalità e alla famiglia. E poi i 3 miliardi per l'abbattimento delle liste d'attesa e i 136 miliardi del fondo sanitario nazionale, il più alto investimento mai previsto per la sanità. Questi sono i fatti».
Si è scritto di un baratto con l'Europa: più flessibilità sui conti in cambio del Mes. Vero, falso o verosimile?
«Se ascoltiamo alcuni, è un anno che l'Italia baratta il Mes. Ma la realtà è che, su questo tema come su molti altri, io non ho mai cambiato idea e non faccio battaglie ideologiche. Io guardo sempre alla sostanza e all'interesse nazionale. Reputo che vada seguita una logica a pacchetto, nel quale le regole del patto di stabilità, il completamento dell'Unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutano nel loro complesso. Credo che così sarebbe più utile, per tutti».
Riforma della giustizia: c'è chi comincia a pensare: neppure questi ce la faranno. E lo stesso vale per l'immigrazione...
«Su questi temi, come su altri, dobbiamo essere chiari. Noi vogliamo migliorare l'infrastruttura della nostra nazione e intendiamo farlo in maniera strutturale. Ma per fare tutto questo ci vuole tempo e noi, fortunatamente, abbiamo davanti un'intera legislatura. Sulla giustizia e i rapporti con la magistratura voglio essere altrettanto chiara: sono una donna di destra, cresciuta con l'idea della separazione tra i poteri e con un profondo rispetto per i servitori dello Stato. Da parte mia non c'è e non ci sarà nessun conflitto con la magistratura, ma ciò non mi impedisce di pensare che si possa rendere la giustizia più veloce, efficiente e imparziale. Sull'immigrazione, in questi mesi, siamo riusciti a cambiare le parole d'ordine in Europa. E se fino all'anno scorso si parlava solo di movimenti secondari, quelli all'interno dell'Unione europea, oggi sentiamo parlare di come difendere i confini esterni oppure decidiamo noi chi entra in Europa, non i trafficanti di esseri umani. Quest'ultime non sono parole mie, ma della presidente della Commissione europea Von der Leyen. Questo vuole dire avere inciso profondamente sull'idea che l'Europa ha sull'immigrazione, cambiandone radicalmente l'approccio. Se oggi si parla anche della necessità di missioni navali, come noi diciamo da sempre, è merito dell'Italia, che chiede una missione europea in accordo con le autorità del Nord Africa per fermare la partenza dei barconi, verificare in Africa chi ha diritto o meno all'asilo e accogliere in Europa solo chi ne ha veramente diritto. In più stiamo portando avanti l'idea del Piano Mattei, che è un cambio radicale nel rapporto con l'Africa che passa da paternalistico a paritario».
Tanti i dossier economici aperti, da Telecom ad Ita, Ilva e privatizzazioni (si è parlato anche di Autostrade)...
«Da molti anni a questa parte governi deboli, di breve durata e non rappresentativi della volontà popolare non hanno avuto la necessaria forza e volontà per affrontare i grandi dossier industriali dell'Italia. Anche su questo punto, il governo ha segnato un cambio di passo importante. Il discorso vale per la rete di telecomunicazioni, che ha una rilevanza strategica per la Nazione, per Ita, che deve finalmente poter tornare a crescere senza gravare sugli italiani, e per tutte le crisi industriali che stiamo affrontando con serietà e determinazione a tutela del lavoro e del nostro tessuto produttivo».
Pentita della tassa sugli extraprofitti bancari che ha fatto storcere il naso anche a qualcuno dei suoi? Da uno a dieci, quanto le fa paura lo spread?
«No, non sono pentita perché non è mai stata una misura punitiva, ma di giustizia sociale. A causa delle politiche della Bce sui tassi, gli istituti di credito hanno adeguato gli interessi, tra cui quelli sui mutui, richiedendo uno sforzo maggiore a cittadini e imprese. Per cui, in un momento di difficoltà per molti italiani, era giusto intervenire con una scelta di buon senso e non ideologica. Fermo restando la tassa del 40% sugli extraprofitti al momento della loro distribuzione, la norma è stata poi ulteriormente migliorata per consentire alle banche di rafforzare il proprio stato patrimoniale e concedere maggiori crediti a famiglie e imprese. L'andamento positivo dei titoli bancari conferma che si tratta di una norma più che sostenibile. Lo spread è stabilmente al di sotto dei livelli che c'erano prima che questo governo si insediasse e venerdì Standard and Poor's ha confermato il rating dell'Italia. Segno che i mercati hanno compreso la manovra. Di cosa dovrei aver paura?».
Teme interferenze dei mercati sulla politica come nel 2011?
«Temo i racconti fantasiosi che leggo e che non fanno bene all'Italia. Pensi al Pnrr: mentre qualcuno parlava di fallimento, il governo si confrontava senza sosta con la Commissione europea e otteneva dall'Europa il versamento della terza rata e l'ok alle modifiche per la quarta. Mentre c'era chi raccontava di una nuova crisi del debito in Italia e diceva che il nostro governo sarebbe stato un pericolo per la solidità della casa comune europea, l'Italia ha ricoperto una funzione chiave nel favorire la stabilità e la coesione dell'Europa in un momento estremamente complesso, giocando un ruolo da protagonista sia nel sostegno all'Ucraina che nella lotta all'immigrazione clandestina. Ho preso parte a numerosi vertici e incontri internazionali e l'Italia è saldamente presente nel Quint, il format transatlantico e occidentale che comprende, oltre a noi, gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e la Germania. Mi pare che la sfiducia verso l'Italia la veda solo chi ha interesse a raccontarla».
Questa estate, nei corridoi dei palazzi romani, si diceva: a settembre arriva il rimpasto di governo. Siamo a fine ottobre e la squadra è la stessa. Erano dicerie o c'è solo un ritardo tecnico?
«Capisco la sinistra che non concepisce che ci sia un governo che riesca ad essere coeso anche se discute, ma è così. Noi, a differenza loro, ci siamo presentati uniti in un programma e con quello governiamo per il bene dell'Italia, che è il nostro faro. Siamo una squadra unita e coesa, e lo dimostriamo continuamente. Come è successo anche nell'ultimo Consiglio dei ministri, nel corso del quale abbiamo varato una manovra economica complessa in circa un'ora. Si può sempre fare di più e meglio, ma sono molto soddisfatta dal lavoro di tutta la squadra di governo».
A leggere certa stampa, la sua maggioranza è sempre sull'orlo della rottura, tanto che è stato evocato pure un governo tecnico. Come stanno le cose?
«A leggere certa stampa, l'Italia sarebbe finita nelle braccia della Troika se la destra avesse vinto le elezioni. Ma la verità è che siamo al governo da un anno e le previsioni interessate dell'ultima campagna elettorale non si sono avverate. Troppo spesso le mistificazioni hanno più spazio della realtà e sono più desideri di chi le alimenta che fatti concreti. Siamo una coalizione con un sano confronto interno, coesa sugli obiettivi da raggiungere e intenzionata a rispettare il mandato popolare».
C'è la Meloni premier, la Meloni capo della maggioranza e poi la Meloni leader del suo partito. Che cosa è cambiato in un anno, se è cambiato qualcosa, in Fratelli d'Italia?
«Ho visto nascere Fratelli d'Italia, ne ho visto i progressi, ne ho vissuto le delusioni e le fatiche. Oggi sono orgogliosa e fiera di poter dire che è un partito solido, vivo, fatto di militanti e di una classe dirigente che si dimostra all'altezza delle responsabilità che ha. Siamo un partito in costante crescita, in termini di consenso e di iscritti. Il tesseramento non è ancora chiuso, ma le adesioni sono già a quota 280mila, quasi il doppio rispetto all'anno scorso, e a breve si aprirà la stagione dei congressi locali, un momento fondamentale nella vita di un partito. Fratelli d'Italia, in questi mesi in cui è al governo, ha dato prova di serietà e senso di responsabilità e ha dimostrato di essere un partito compatto e unito dall'amore per l'Italia».
C'è qualcuno in particolare che in questo anno l'ha delusa?
«Non parlerei di delusione, ma di stupore o, peggio, sconcerto. Quello sì. Lo provo quando vedo l'incapacità che alcuni hanno di mostrare un po' di amor di Patria. Quando c'è da scegliere da che parte stare, stanno sempre dalla parte opposta all'Italia. Sempre contro. Spesso si tratta di colleghi dell'opposizione, altre volte di importanti protagonisti della scena pubblica italiana che, come afflitti dalla sindrome di Stoccolma, sono sempre pronti a difendere la causa di chi critica l'Italia dall'estero. Un atteggiamento profondamente anti-italiano di chi, per tifare contro il governo di centrodestra, finisce per tifare contro l'Italia. Questo mi lascia attonita».
In politica estera ha sorpreso un po' tutti, anche i suoi avversari. Con i due soci europei principali, Francia e Germania, è stata un'altalena di scontri e riconciliazioni. A distanza di un anno, l'ago dell'Italia verso chi dei due si è spostato?
«Per troppo tempo i governi che ci hanno preceduto si sono preoccupati più di avere il consenso dei partner europei che di difendere l'interesse nazionale italiano. Noi abbiamo cambiato questa impostazione. La conseguenza è che, a seconda del dossier in discussione, si possano trovare di volta in volta convergenze diverse con i diversi Stati europei. Sul nostro rapporto con Francia e Germania ci sono state ricostruzioni che farebbero impallidire chiunque. Ricordo, ad esempio, la narrazione di certa stampa che dipingeva me e Macron non come due leader che hanno responsabilità di governo e si confrontano, ma come due bambini all'asilo che si facevano i dispetti. Fortunatamente non è mai stato così».
Dopo l'Ucraina, la guerra israelo-palestinese: c'è qualche cosa che non sappiamo di ciò che sta accadendo dietro le quinte del mondo?
«Il mondo si trova in una fase di riconfigurazione geopolitica. Nulla di nascosto o di poco comprensibile. C'è un'evidente convergenza di interessi fra alcune nazioni, dalle quali emerge la Cina nel ruolo di guida, che mirano a sostituire l'Occidente nella leadership economica e politica. Noi siamo patrioti e ci poniamo come primo obiettivo la difesa degli interessi nazionali, coscienti che la tutela dei nostri interessi dipende dalla difesa dell'Occidente, dei suoi confini e del suo valore chiave che è la libertà».
Che ha pensato nel vedere Marine Le Pen sul palco di Pontida al fianco di Salvini?
«Il Rassemblement National è alleato della Lega in Europa, ciò rende naturale la presenza di Marine Le Pen a Pontida. Io e Matteo governiamo insieme in Italia, bene e in armonia, e pur appartenendo a gruppi distinti abbiamo entrambi l'obiettivo di dare un contributo per la creazione di un'Europa ancora più forte. Il resto sono speculazioni».
A proposito di Ue, esclude di votare un futuro presidente della Commissione Ue che sia frutto di un'intesa anche con i Socialisti? Ritiene possibile che un premier di un Paese G7 non appoggi l'elezione del capo dell'esecutivo europeo?
«Posso escludere che governerò con i socialisti. Siamo antitetici, ma sono convinta che gli equilibri dell'Europa cambieranno e le forze di centrodestra sapranno fare quella proposta alternativa che da troppo tempo l'Europa attende».
Il 2023 è stato un anno segnato dalla scomparsa di Silvio Berlusconi, il fondatore del centrodestra come lo conosciamo oggi. Lei pensa che questo abbia cambiato gli equilibri all'interno della coalizione e quale crede sia il suo principale lascito?
«La scomparsa di Silvio Berlusconi ha lasciato un grande vuoto e un'eccezionale eredità politica. In molti, dopo la sua scomparsa, hanno prefigurato scenari apocalittici per Forza Italia, la coalizione e il governo. Tutto questo non si è avverato. Forza Italia è un alleato concreto e affidabile di governo, un partito solido e che gode di ottima salute. Con Berlusconi l'Italia ha imparato a non farsi imporre dei limiti e a non darsi mai per vinta. Onoreremo la sua memoria conseguendo quegli obiettivi che insieme ci eravamo dati».
I rapporti con la stampa. L'hanno accusata di evitarli volutamente...
«Non potrei mai rifuggire il confronto con la stampa. Da giornalista, considero questo mestiere una professione nobile che ha il compito di fornire gli strumenti per interpretare il reale. Una responsabilità, e un potere, che costringono i giornalisti a dare una versione obiettiva dei fatti. Poi so benissimo che non si può essere sempre completamente asettici e che le proprie opinioni possano influenzare il modo di riportare le notizie, ma non posso giustificare chi stravolge opportunisticamente la verità. Mi viene contestato il fatto di avere sottolineato come alcuni giornali abbiano scelto di fare propaganda contro di me invece di fare informazione sul mio operato e quello del governo, ma il loro gioco è semplice da smascherare. Mi diverte, ad esempio, la continua contraddizione di alcuni giornalisti nel disegnarmi nei giorni pari come una pericolosa estremista e nei giorni dispari come troppo moderata e deludente per i miei elettori. Questi resoconti caotici e contrastanti sul mio operato mi stanno convincendo che sto lavorando con equilibrio, pragmaticamente e non ideologicamente».
C'è qualcosa che ritiene di avere sbagliato?
«Non ho il dono dell'infallibilità e la risposta è sì. Poi, lei lo sa, sono molto critica con me stessa e le dico sicuramente sì. Ma le posso dire anche che, in tutto ciò che ho fatto finora, ho messo il massimo impegno, tutta me stessa, con coscienza e responsabilità. Oggi c'è chi mi definisce un underdog, come se fossi un errore del sistema o un ospite indesiderato, ma la verità è che sono una persona normale, appassionata, testarda e innamorata dell'Italia. E reputo che questo governo stia facendo ciò che veramente serve a questa nazione».
Diamo un voto anche all'opposizione.
«Ho il massimo rispetto per chi fa opposizione, essendoci stata per tanto tempo. Ho altrettanto rispetto per gli italiani, ai quali compete il compito di valutare sia l'operato del governo che dell'opposizione. Saranno loro a giudicarci tra quattro anni».
Un anno da premier: come è cambiata la donna Giorgia?
«Sono certa di essere rimasta fedele a me stessa. Ciò che è cambiato è sicuramente il modo di affrontare le situazioni e il carico di responsabilità che il ruolo che mi è stato affidato impone.
Ho fatto un patto con gli italiani e ho promesso che avrei restituito loro una nazione migliore di come l'ho ricevuta. Per questo, non smetterò mai di lottare e di impegnarmi. Al popolo italiano devo l'onore di poter guidare l'Italia, una grande nazione, una potenza mondiale di cui è bello poter tornare ad essere fieri».
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