Il grande attacco dei derivati al mercato

La situazione dei mercati finanziari non migliora. Pur avendo vietato lo short, l'azione coordinata delle principali organizzazioni mondiali non è servito. Investitori, procuratori e gestori hanno, infatti, perseguito lo stesso obiettivo ricorrendo a posizioni corte tramite derivati

Il grande attacco dei derivati al mercato

Milano - La situazione dei mercati finanziari non migliora. Anzi. Pur avendo vietato lo short per un breve lasso di tempo, l'intervento delle principali organizzazioni mondiali non è servito a granché. Investitori, procuratori e gestori hanno, infatti, perseguito lo stesso obiettivo (cioè la speculazione al ribasso) mediante il ricorso a posizioni corte tramite derivati. E i mercati sono tornati a scendere.

La leva finanziaria Le cause della crisi vanno ricercate nel ricorso smodato alla leva finanziaria, favorito dalla politica dei tassi bassi. "Questa politica - spiega il trader - aveva un suo perché quando, dopo l'11 settembre 2001, ma come sempre ogni esagerazione può creare veri e propri disastri". La logica che si è perseguita è stata, infatti, quella della leva finanziaria capace di creare valore. Paradossalmente, nel mix delle fonti di finanziamento più si faceva ricorso al debito e meno al capitale, più si ottenevano ritorni interessanti. "In questo modo - continua il trader - si è dato il la a operazioni anche di finanza straordinaria, fusioni, acquisizioni aventi come unica condizione la capacità di generare valore derivante dal ricorso alla leva finanziaria".

Fusioni e acquisizioni Secondo il trader, esemplificativo di questi movimenti è la fusione tra Telecom e Tim avvenuta qualche anno fa. "Questa operazione - spiega l'operatore di piazza Affari - fu giustificata, al di là del ricorso delle possibili sinergie, dal fatto che i dividendi della Tim avrebbero dovuto arrivare a pagare gli interessi del debito della Telecom". La Tim aveva, infatti, un dividend yield del 5%, quando il denaro costava intorno al 3%: mettere in piedi l'operazione rendeva - da un solo punto di vista finanziario - il 2%. "Ad un certo punto, però, il dividend yield è sceso e i tassi di interesse sono saliti - continua il trader - a distanza di un anno gli stessi artefici della fusione stavano già pensando di fare l'operazione inversa. Diciamo che Telecom, come molte altre società dotate di un fardello di debiti di carattere finanziario e non industriale - continua - sono state, sono e saranno penalizzate da un contesto come quello in atto in queste settimane".

Il ping pong immobiliare Altro problema strettamente connesso all'enorme liquidità presente sui mercati è stato generato dal ping pong di immobili e società non quotate tra fondi immobiliari e società di private equity. "In pratica - chiarisce il trader - ci si passava l'un con l'altro una sorta di bomba a orologeria che, per diversi anni, è sembrata una manna per poi esplodere nelle mani dell'intero sistema". Nello stesso ordine di idee va, poi, catalogato il cosiddetto carry trade. "In questo caso - continua l'operatore di Borsa - si prendevano a prestito soldi in yen che costavano poco e si compravano valute con rendimenti più alti. Tuttavia, quando si esagera con il ricorso a operazione che abbiano solo valore finanziario, prima o poi si rischia di farsi davvero male". Secondo numerosi analisti, infine, un'ultima concausa è l'avidità che, da sempre, contraddistingue i mercati finanziari. Del resto negli States ai giovani che vanno a lavorare a Wall Street si dice: "You are so good as your last ticket".

Una possibile ricetta "Innanzitutto bisogna farsi vedere tutti coesi ad affrontare un problema magari enorme, ma risolvibile in quanto causato da uomini". Secondo il trader, anche l'aver vietato lo short per un breve lasso di tempo non è servito a nulla, in quanto si è perseguito lo stesso obiettivo (cioè la speculazione al ribasso) mediante il ricorso a posizioni corte tramite derivati. "Bisogna quantificare effettivamente il danno - continua l'operatore di piazza Affari - eliminare l'incertezza che regna sovrana sui mercati e che viene fomentata da chi continua a speculare sul collasso mondiale". Non solo. "Bisogna capire che in gioco c'è qualcosa di troppo grosso per non intervenire tutti e in modo risolutivo". Secondo il trader, infatti, i governi esistono anche per questo e potrebbero passare alla storia per aver risolto la più grave crisi finanziaria e reale mai esistita al mondo e non per aver accompagnato in maniera solenne il mondo al proprio funerale".

In vista del G20 Secondo numerosi tecnici del settore servono regole certe. Questa la prima richiesta ai governi. "A mio avviso - puntualizza il trader - più avanti bisognerà riscrivere queste famose regole che in realtà si potrebbero riassumere in una sola: rendere più costoso il ricorso alla leva finanziaria per fini speculativi". In pratica, se un investitore ha 100 euro non può essere messo nella condizione di investire nei mercati per 2mila euro. Proprio grazie alla leva presente nei derivati, il barile di carta è passato da 75 a 150 dollari, pur in una crisi già avanzata. "In conclusione sia sul cash sia sui derivati - conclude il trader - bisogna irrigidire le regole del gioco, in quanto questi strumenti possono causare effetti nefasti dal momento che gli operatori presenti sul mercato si lasciano contagiare dal moral hazard del guadagno e duraturo senza riflettere neanche per un secondo sugli effetti dello scoppio della bolla". Bolla che, a conti fatti, ognuno contribuisce a gonfiare in quanto memori di una sola regola aurea: you are as good as your lost ticket.

Il futuro della finanza Quale il futuro delle principali piazze finanziarie del mondo? "Ci potranno essere anche più disoccupate nelle varie City finanziarie, ma di sicuro quasi tutti abbastanza carichi di soldi - spiega il trader - sembrerebbe, quindi, meglio

legare almeno la parte variabile delle retribuzioni di tutti a parametri più qualitativi che quantitativi. Non solo. Questi parametri siano anche certificati su un orizzonte temporale congruo, cioè non meno di cinque anni".

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