Greta, la speranza dopo 3 anni di coma «Io, sua madre, lotterò sempre con lei»

«Non scriva che è un miracolo, la prego non sia come gli altri giornalisti che in queste ore stanno seminando confusione e sciocchezze solo per fare un po’ di clamore. Scriva solo la verità: che miracolo non è, altrimenti sarei stata io la prima a mettere in manifesti per le strade d’Italia. Ma che è un inizio. Soltanto l’inizio, ci auguriamo, di un nuovo cammino. L’esperienza di questi mesi, trascorsi accanto a Greta, ci ha insegnato che non sarebbe giusto illuderci e ancora più illudere molte famiglie che si trovano nella nostra stessa situazione».
Laura Vannucci, la madre di Greta, distilla parole importanti con la parsimonia di chi ha imparato a soffrire. In silenzio. Cercando, minuto dopo minuto, di portare la lanterna della vita dentro l’esistenza di una figlia amatissima che, 35 mesi fa, quando aveva 18 anni, è uscita dalla lamiere contorte di un incidente stradale per entrare nel buio di uno stato vegetativo. Ha alzato un braccio, finalmente, Greta. E subito si è parlato di risveglio dal coma .«E – dice sua madre con una punta di amarezza – per qualcuno, è come se Greta avesse lasciato la sedia a rotelle per prepararsi al cenone di Capodanno, per ballare con suo papà...».
E invece, signora Vannucci?
«Greta, come hanno detto i medici è passata da uno stato vegetativo ad uno stato di minima coscienza. Ciò significa che in alcuni momenti della giornata Greta è cosciente ed esegue dei semplici comandi come muovere il braccio. Ma questo piccolo passo in avanti non ci garantisce che lei possa migliorare sempre di più. Il successo di questa sperimentazione ha permesso ai medici di scoprire che il cervello, se stimolato in modo adeguato, può recuperare alcune funzioni, per esempio dei fasci neuronali, come hanno fatto vedere le immagini delle risonanze. Ma i risultati che vorremmo, i risultati che dei genitori possono sognare guardando i loro figli ridotti così, ovvero sentirli parlare, ridere o vederli camminare, non sono e non possono essere – il professor Canavero è stato chiaro – una conseguenza diretta di ciò che mostrano le risonanze ma devono nascere solo da un miglioramento complessivo e sicuramente più problematico. Quel miglioramento per cui mio marito ed io non abbiamo mai smesso di lottare».
Per questo motivo state pensando all’intervento con le cellule staminali?
«Sì, stiamo valutando l’opportunità di una trasferta in Cina per il trapianto delle staminali. È un operazione sperimentale, che in Italia non è ancora permessa come si sa, e soprattutto non si sa assolutamente se funzionerà e, nel caso funzionasse, a che tipo di miglioramenti ci porterà. Anche in questo caso stiamo davanti ad un bivio perché purtroppo l’intervento non è privo di rischi. In ogni caso se decideremo per il sì, sarà a primavera. Preferiamo aspettare ancora 4 o 5 mesi proprio perché i fasci neuronali stanno ricrescendo. E solo aspettando potremo vedere se Greta riuscirà a fare altri progressi con l’aiuto dello stimolatore».
Da una parte Greta e dall’altra Eluana, l’Italia è tornata a dividersi tra le polemiche...
«È un polverone contaminato dalla politica in cui non vogliamo venire trascinati. Perché, soffrendo, abbiamo imparato a rispettare la sofferenza altrui. Come si fa a giudicare il comportamento di padri e madri davanti ad un figlio o ad una figlia in coma da anni? Con quale spirito ci si può permettere di dare consigli e di sentenziare cosa è giusto e che cosa è sbagliato? Pensate che sia facile prendere decisioni come quelle di interrompere una vita, la vita di qualcuno che si ama, perché non è più vita? Pensate che noi non abbiamo mai avuto momenti di cedimento e di sconforto? Per quanto simili siano drammi come quello di Greta, di Eluana e di tante altre persone, non bisogna dimenticare che ogni dramma ha una storia differente. Che merita solidarietà, ma prima di tutto rispetto».
Ci si può aggrappare a quel braccio che Greta adesso alza per riprendere a sperare?
«Ci si deve aggrappare. Io e mio marito non abbiamo mai smesso di sperare. E non smetteremo mai di lottare. Per Greta. Che sono sicura che se potesse parlare ce lo chiederebbe e per sua sorella che ha 14 anni. Che l’assiste, impotente, ma con il suo sorriso e tutta la sua carica».
Posso chiederle se, dopo questi segnali, adesso si sente ottimista?
«Ottimista è una parola grossa, troppo impegnativa per tutti noi. Diciamo che viviamo di speranza come abbiamo sempre fatto fino ad oggi. Noi siamo accanto a Greta, pronti a incoraggiare ogni suo minimo progresso. Facciamo il tifo per lei. Come tutti gli amici che abbiamo incontrato in questi anni.

Anche quelli sconosciuti, sempre più numerosi, che ci scrivono su quel blog che mio marito un mese dopo l’incidente di Greta decise di aprire in internet. Perché eravamo disperati e non sapevamo dove andare a sbattere la testa. Perché avevamo bisogno di qualcuno che ci desse consigli. Quel blog è il diario di Greta. Chissà che un giorno possa continuare lei a scriverlo».

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