"Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur". Nell'ultimo post pubblicato questa mattina sul blog (leggi qui), Beppe Grillo cita Tito Livio per sferrare un nuovo attacco ai partiti. "Mentre a Roma si discute di poltrone l’Italia brucia - attacca il comico genovese - il balletto dei partiti per non decidere nulla e mantenere posizioni di privilegio e di impunità decennali continua, imperterrito, senza vergogna". E sul suo sito posta l’immagine di The Final Day of Sagunto in 219BC di Francisco Domingo Marques. Peccato che il guru pentastellato faccia di tutto per nascondere le reali cause dell'attuale stallo politico. E cioè una linea, quella da lui stesso dettata ai Cinque Stelle, fatta solo di "no" e ripicche.
Dopo aver sbattuto la porta in faccia al leader del Pd Pier Luigi Bersani, i grillini sono andati avanti a ripetere, come un disco rotto che stona all'infinito, che l'unica possibilità ammessa dal movimento (leggi: dalla premiata ditta Grillo-Casaleggio) fosse un esecutivo pentastellato. Lo stesso discorso vale adesso per la nomina del nuovo presidente della Repubblica. Fatte le Quirinarie online, il comico genovese comunicherà ai suoi parlamentari il nome da scrivere sul foglietto bianco. Eppure, nonostante l'antagonismo grillino sia evidente a tutti, Grillo fa il suo gioco e scarica la colpa sul Pd e sul Pdl: "Il Paese ha bisogno di leggi e di riforme, ma il Parlamento è paralizzato". Che i democratici abbiano le loro colpe è fuori di dubbio. Da quasi cinquanta giorni Bersani va in giro a elemosinare un'alleanza con i Cinque Stelle snobbando il centrodestra che, all'indomani delle elezioni, ha subito aperto alle larghe intese invocate dallo stesso Napolitano. A questo punto, però, Grillo preferisce cavalcare i sentimenti contro la Casta piuttosto che assumersi le proprie responsabilità. Non ammette, infatti, che il tatticismo grillino, ribadito anche alla scampagnata fuori Roma, rientra a pieno titolo nei giochi di palazzo che tanto critica. "Da quando i parlamentari sono diventati emanazione dei segretari di partito, impiegati e funzionari nel migliore dei casi, e il governo legifera a colpi di decreti legge su cui pone la fiducia accordata senza problemi dai lacchè di partito che premono pulsanti a comando", ha spiegato il comico genovese definendo il M5S come una "variabile non prevista" che vuole riportare il parlamento alla sua centralità. Un discorso senza capo né coda dal momento che, per quanto Grillo si opponga alla formazione del governo, l'esecutivo è un organo costituzionale (in quanto previsto dalla Carta negli articoli 92, 93, 94, 95 e 96) che concorre alla formulazione dell'indirizzo politico.
Per aggirare il problema, Grillo accusa il Pd e il Pdl di voler "disinnescare" il M5S. "Il parlamento deve rimanere un simulacro, per questo non vengono attivate le Commissioni parlamentari - insiste il leader dei Cinque Stelle - le leggi urgenti per il rilancio dell’economia, la nuova legge elettorale, le misure di sostegno ai disoccupati rimangono nei cassetti".
In realtà la vera preoccupazione di Grillo è tornare al voto. Secondo recenti sondaggi, infatti, il M5S sarebbe precipiatato. Molti italiani che alle passate elezioni hanno dato il proprio voto al comico, non farebbero lo stesso errore una seconda volta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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