Gucci rispolvera i mini-abiti anni Sessanta

Alberta Ferretti immagina il futuro: una «donna-nuvola» che cattura la luce

Daniela Fedi

da Milano

In che epoca vive la moda? «Nel futuro» rispondono compatti gli stilisti, ma mentono sapendo di mentire perché è quasi impossibile progettare il domani dovendo stare nel «qui e ora». Comincia così il gioco dei riferimenti e delle citazioni per cui dietro le quinte ti dicono: «Ho rivisto gli anni Sessanta in chiave moderna», ma in passerella vedi gli stessi abiti che si possono trovare nei circuiti del vintage o, se hai molta fortuna, negli armadi della nonna.
D’altro canto è difficile entrare nelle rischiose categorie del nuovo, quando hai sulle spalle la responsabilità dell’andamento di un’azienda. Prendiamo il caso di Gucci che nel 2005 ha fatturato globalmente 1.807 milioni di euro dei quali 132,2 milioni provenienti dall’abbigliamento da donna. Proprio su questo segmento la planetaria griffe sta registrando una crescita eclatante nel 2006: +23,8 per cento nel primo trimestre e addirittura +35,7 per cento nel secondo. Solo in quest’ottica Frida Giannini, che ieri sera ha fatto sfilare la donna Gucci dell’estate 2007, può essere giustificata per aver presentato una serie di modelli mixati tra Courreges, Paco Rabanne, Saint Laurent nel senso di Yves ai tempi della sua prima collezione russa e il buon, vecchio Pierre Cardin.
«Potrei dire di essermi ispirata a cento film e a mille rockstar degli anni Sessanta ma non volevo dare una lettura troppo didascalica di quel periodo» ha detto la giovane e intelligente stilista ammettendo a denti stretti un nome di donna tra le sue icone di riferimento: Romy Schneider. In realtà della bellissima attrice austriaca che nel ’62 interpretò un episodio del viscontiano Boccaccio 70 c’erano solo le pettinature raccolte delle modelle e la linea ad «A» dei corti abitini. Il resto era un grande mescolone di stampe che voleva arrivare all’effetto caleidoscopio piazzando sulle taglienti forme dei favolosi «Sixties» fiori e passamanerie dal sapore balcanico, disegni Paisley (un classico di Etro), oppure i motivi delle cravatte maschili per i lineari pantaloni alla caviglia. Per fortuna c’erano gli accessori che pochi sanno progettare bene quanto Frida Giannini: splendide ballerine allacciate alla caviglia e con i tacchi specchiati, stivaletti da Beatles in pelle argentata e grandi borse circolari dal manico rigido. Forse la vera anima della collezione stava nel delizioso abito da sera nera con le bretelle decorate da frammenti di specchio che non a caso anche la stilista ha indossato nel gran finale.
Ben diverso e veramente eccezionale il lavoro di Alberta Ferretti che ha rivoluzionato tutte le forme del suo ricchissimo repertorio sartoriale aggiungendo la luce dei materiali (raso, satin e cristalli iridescenti imprigionati nello chiffon per la sera, oppure fili di rame nella trama dei tessuti da giorno) come elemento portante di una moda davvero proiettata al futuro. Perfino i costumi da bagno avevano un sapore d’eleganza nuova. E gli abiti-nuvola grazie a un geniale sistema di nodi, rimborsi e pannelli erano quel che si definisce un sogno. In questo nessuno può superare l’esercizio creativo di Antonio Marras che stavolta ha avuto il coraggio di lavorare su se stesso o meglio sulle tante emozioni che l’hanno ispirato nei primi dieci anni della sua griffe. Niente di nuovo, quindi, ma una sognante visione della donna che diventa addirittura fata (e per un sardo come lui può essere solo una janas del bosco di Tiscali) negli indimenticabili abiti da sera rosa cipria usciti al ritmo dello struggente valzer di Sostakovic utilizzato da Stanley Kubrick come colonna sonora di Eyes Wide Shut. Angelo Marani punta invece agli anni Ottanta che saranno una tendenza vincente della prossima estate.

Dire che ci sia piaciuto sarebbe troppo: c’eravamo e speravamo di non rivedere gli orrendi fuseaux di pizzo sotto ai danzanti vestiti di jersey da sirena e alle fantastiche scarpe dal tacco-gioiello. Ma tolto l’eccessivo coordinamento di passerella, resta un onesto prodotto made in Italy che Marani sa colorare di moderna concretezza.

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