La guerra delle staminali Fassino difende Mussi e sconfessa la linea Prodi

Il leader ds: «Scelta di buon senso, gestita con equilibrio»

Francesca Angeli

da Roma

Piero Fassino corre in soccorso del ministro dell’Università e della Ricerca scientifica, Fabio Mussi, messo all’indice da buona parte dei suoi stessi alleati. E così facendo scava un solco ancor più profondo tra la Quercia e la Margherita. Da una parte i diessini laici, i verdi e i radicali. Dall’altra Francesco Rutelli l’armata dei cattolici e soprattutto il premier Romano Prodi. Contro il via libera alla ricerca sulle staminali embrionali tuona ancora una volta la Chiesa e Mussi viene scomunicato anche dai vescovi europei oltre che da quelli italiani.
La decisione presa da Mussi di ritirare la firma dell’Italia alla dichiarazione etica che bloccava i finanziamenti alle ricerche sulle staminali embrionali in Europa per Fassino «è giusta e di buon senso». Il leader della Quercia osserva che Mussi «non ha cambiato la normativa che regola in Italia il tema delle cellule staminali» ma «ha però impedito che l’Italia avesse una preclusione verso paesi che facessero scelte diverse dalle nostre». L’iniziativa del ministro per Fassino è «una scelta di buon senso e ragionevole, gestita con molto equilibrio».
Dunque il leader della Quercia si schiera in difesa della scelta di Mussi evitando oltretutto di affrontare il problema di metodo. Il ministro ha preso la sua decisione in splendida solitudine senza consultare nessuno mentre un’iniziativa del genere con ripercussioni in politica interna ed estera avrebbe dovuto come minimo essere discussa dal Consiglio dei ministri. Ed è proprio questo che il premier Prodi avrebbe detto a Mussi appena informato del colpo di mano di uno dei suoi ministri. Un gesto clamoroso considerando il fatto che proprio pochi giorni prima Prodi aveva invitato tutti i ministri a non esternare o prendere decisioni non collegiali. Prodi poi non ha da rimproverare a Mussi soltanto la scelta di metodo ma anche quella di merito visto che la sua posizione ufficiale sull’embrione, ribadita sulla rivista Le Scienze, è contraria all’utilizzazione a fini di ricerca. Contraria anche all’uso dei soprannumerari, ovvero degli embrioni criconservati e «orfani».
La sconfessione ufficiale di Mussi è stata affidata a Rutelli che, con grande prudenza, ha puntualizzato che la legge 40 sulla fecondazione assistita non si cambia e che su certi temi le decisioni devono essere prese in modo collegiale. A stretto giro di posta arriva la controreplica di Fassino: Mussi ha fatto bene. Come a dire se la decisione è giusta si può anche andare avanti da soli.
Contro la scelta del ministro interviene ancora una volta la Chiesa. A criticare Fabio Mussi è ora l'intero Episcopato Europeo. In una nota la Comece, l’organismo che li rappresenta, ribadisce «l’obiezione contro il finanziamento da parte della Ue della ricerca che implichi la distruzione di embrioni umani» ricordando che «trattare un embrione umano come un soggetto di ricerca non è compatibile con il rispetto della vita umana». Il richiamo dei vescovi va quindi al «rispetto dei valori e delle ragioni fondamentali in virtù dei quali alcuni Stati membri vietano o limitano questo tipo di ricerca» auspicando che anche in altri paesi sorgano movimenti e associazioni impegnati in difesa della vita come il comitato Scienza e Vita, nato in Italia per difendere la legge 40.
Anche il Servizio Informazione Religiosa della Chiesa Italiana, in una nota a firma di monsignor Mauro Cozzoli, docente di teologia morale alla Pontificia università lateranense, ammonisce: «Quando sono in gioco valori non negoziabili, la Chiesa non può non far sentire la sua voce». La Sir denuncia come «movimenti ed esponenti politici che mal sopportano l’esito referendario e in spregio alla volontà popolare dicono già apertamente che la legge 40 deve essere cambiata, provocando governo e Parlamento in tal senso».

Per la Chiesa è «in atto una massiccia offensiva intesa a liberalizzare i beni del matrimonio e della vita su un triplice terreno: quello dell'aborto chimico, mediante la diffusione facile e la legalizzazione delle pillole abortive, la RU486 in particolare; quello delle unioni cosiddette civili o Pacs con l'istituzione di forme alternative di matrimonio e di famiglia; e quello dell'eutanasia, per mettere fine a vite giudicate “non degne” di essere vissute».

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