La guerra per donna Franca «Il ritratto di mia nonna a Palermo deve restare»

La discendente della famiglia Florio si sta battendo perché il quadro del pittore Boldini non lasci la città. Ma è andato all'asta

La guerra per donna Franca «Il ritratto di mia nonna a Palermo deve restare»

Sta accadendo al ritratto di donna Franca Florio il contrario di quanto successe al ritratto di Dorian Gray, geniale creazione di Oscar Wilde. Dorian rimaneva giovane mentre il suo ritratto invecchiava. Donna Franca, palermitana della Bella Epoque, immortalata da Giovanni Boldini in una tela che vira con delicatezza verso il mito, diventò una dolce nonna, passata a miglior vita a 77 anni tra le stanze di villa Salviati nel 1950.

Il suo ritratto, invece, resta sempre fresco di polemiche e pretese, che si presentarono «fin dal suo concepimento, perché la tela nacque ammaliante e travagliata, destino di tutte le cose preziose» specifica Donna Costanza Afan de Rivera, nipote di Franca Florio, ovvero figlia della figlia Giulia, con la quale si estinse la dinastia dei Florio.

Franca, Giulia, Costanza e un solo ritratto, nel quale vivono tre donne che hanno il volto della bellezza siciliana. Esposta in questi giorni al Vittoriano a Roma, l'opera di Boldini, appartenuta fino a qualche anno fa alla famiglia Caltagirone-Bellavista, cui fu sottratta in seguito a un fallimento finanziario, sta facendo parlare di sé per essere stata di recente venduta all'asta a un privato, ancora sconosciuto, che potrebbe non riportare più il quadro a Palermo, di cui il dipinto è emblema. Ma la città lo reclama; alcune realtà palermitane vorrebbero anche acquistarlo.

«Tutti ci rendiamo conto dell'importanza che l'effigie di mia nonna ha per la città, perché Franca è la dea di una sicilianità che nei primi decenni del 1900 conquistò tutti. Palermo vorrebbe il quadro in uno dei suoi palazzi. Una pretesa che non è un capriccio, ma quasi il diritto di una donna che ha donato tanta bellezza non solo al suo tempo, ma anche al nostro». A quegli occhi verdi come il mare e alla pelle ambrata come un lido vulcanico di questa signora si inchinò persino l'imperatore Francesco Giuseppe, che le fece un dono alquanto singolare, una tromba d'automobile suonata quando il volto della Trinacria passava per Vienna e tutti si fermavano al cospetto di quella natura mediterranea degna della Magna Grecia. ù

Alta un metro e 73 centimetri, vitino da vespa, collo scolpito, eccola Franca che ha lasciato un detto a Palermo, in uso anche oggi. Al passaggio di una bella donna qualcuno pronuncia ancora: «U ccu è? Franca Florio?». Si può osar di supporre che l'imperatore vide in Franca una sorta di Sissi della Sicilia, ma egli non fu l'unico ad adorare quella flessuosa quanto austera venustà, dato che, esattamente come per l'imperatrice di Baviera, è difficile trovare nell'imperatrice di Palermo un solo cenno di tradimento verso il marito.

«Anche con Boldini - racconta Donna Costanza Afan de Rivera - non ci fu altro rapporto se non l'ammirazione di un grande artista per tanta bellezza. A tradire semmai era Ignazio Florio, non lei, sulla cui probità furono in molti a scommettere. Folgorato da mia nonna, il pittore fece uno schizzo quando fu ospite per una settimana a villa Igea e portò con sé il disegno a Parigi, dal quale poi trasse il quadro». Donna Costanza sottolinea «il» quadro, ovvero questo «il» al singolare, perché si parla di due se non addirittura tre tele, quando invece l'opera è davvero una e una sola. Dipinta dapprima con un abito corto sopra il ginocchio, come la moda alla Charleston reclamava (ricordiamo che proprio a Palermo esiste un celebre stabilimento balneare di nome Charleston, n.d.r.), Donna Franca fu poi «coperta» da un abito nero damascato, dopo le lamentele del marito, che trovò quella gonna «ristretta» non adeguata al rango e al decoro della sua magnifica ma altrettanto virtuosa consorte.

Il quadro è stato venduto per 1 milione e 300 mila euro, cifra modesta secondo gli intenditori, perché su di esso pesa un vincolo che ne abbassa la quotazione: non può uscire dall'Italia. «Allora, visto che non può andarsene dal Paese, almeno che riesca a rimanere nella sua città, nella sua Palermo».

Richiesta assurda? Forse, ad un primo borghese giudizio. Chissà, invece, cosa potrebbe scrivere in merito Gabriele D'annunzio, estasiato ammiratore di Franca, andata in sposa all'industriale Ignazio Florio Junior. Forse proprio da queste pagine il Vate pregherebbe il proprietario di lasciarsi avvincere dal fascino di una signora in abito lungo scuro che guarda altrove, come se Boldini avesse presagito che quel ritratto fosse destinato ad essere esule dalle dolci sponde sicule. In fondo la poesia di dare a quelle pupille distratte lo sfondo natio del mare di Palermo, magari non per sempre, ma per qualche mese all'anno, è un'ipotesi tanto inconsueta? Ci pensi il proprietario, potrebbe invece essere un gesto di dolcezza verso quella donna, che, a quanto si legge, in realtà non trasse mai dalla sua immagine la giusta riconoscenza. L'arte è l'inconsueto che si fa regola, l'eccezionalità improbabile che può diventare anche dono agli altri, soprattutto a coloro, i palermitani, che amano ancora una signora dal volto tanto lucente da far dire a D'Annunzio che sarebbe stato un delitto che Donna Franca indossasse gli orecchini. E ella, dopo il consiglio del Vate, non li indossò più, in compenso sfoggiava con orgoglio la maestosa collana di 385 perle, che le faceva da serto ombelicale, di fronte alla quale impallidiva persino la Regina d'Italia. La collana, aperta come l'onda del mare, scende sul corpo della donna proprio nel ritratto di Boldini. Molto legata alle sue perle, per quanto concerne la sua beltà, Donna Franca aveva solo un cruccio: non avere una pelle chiara come la porcellana, così una volta che si era recata a Parigi dal suo amato sarto Worth, si sottopose a una tecnica molto dolorosa per ottenere un incarnato degno delle sue perle. Tornata a casa Ignazio si arrabbiò per questo cambiamento e costrinse la moglie a togliere il pallore facendole immergere il volto nell'acqua calda.

Il ritratto Franca Florio è magico proprio come il ritratto di Dorian Gray, quindi per magia potrebbe apparire là dove il destino per ora non gli concede, nella città dove il primo schizzo fu improntato, nella città in cui la sua protagonista nacque e visse un'esistenza speciale ma anche dolorosa.

L'arte è una scimmia dispettosa e se lo diciamo è perché donna Franca aveva due scimmiette Fitty e Fufy che incendiarono i tendaggi di casa. Pretendere dunque un destino originale per una tela amata è chiedere una giustizia che potrebbe avere il suo corso.

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