Prendete Cuba e la Berlino degli anni Sessanta e sostituitele con Anfield Road e Stamford Bridge. Dimenticate Kruscev e Nixon e tenete docchio Abramovich e Glazer. Ecco servita lultima fetta di Guerra Fredda. Senza scomodare Cia e Kgb, lInghilterra sta diventando lultimo terreno di scontro tra russi e americani. Le armi? Nessun tank o Mig. Solo il pallone.
Già, perché con lacquisto del Liverpool da parte dei due magnati statunitensi George Gillet e Tom Hicks, la quota a stelle e strisce in Premier League aumenta. I tycoon, proprietari di squadre di hockey (Dallas Stars e Montreal Canadiens), sborseranno oltre 700 milioni di euro. E pazienza se la Red Army, lArmata Rossa degli hooligans del Liverpool, tifava per i rubli e rabbrividiva allidea di dover cambiare linno «Youll never walk alone» con «Stars and Stripes» di Jimi Hendrix.
Lingresso di Hicks e Gillet va ad ingrossare le fila degli yankees a cui baseball e basket vanno stretti. Il primo fu Malcolm Glazer, anche lui già proprietario di una squadra di football, i Tampa Bay Buccaneers. Nel 2005, accolto dallastio dei tifosi di Manchester, acquistò lo United spendendo la cifra record di 921 milioni di sterline. Dopo il gelo iniziale, ora la squadra vola e allOld Trafford nessuno più storce il naso. Stessa trafila a Birmingham, dove lAston Villa è di Randy Lerner, newyorkese annoiato dai Cleveland Browns.
E dallaltra parte della cortina di ferro? Cè Roman Abramovic, il petroliere siberiano che nel 2003 acquistò il Chelsea, diventando licona del calcio moderno. Campioni coperti doro, campagne acquisti faraoniche: i Blues per tutti ora sono sarcasticamente il «Chelski». A fargli eco, seppure in piccolo, il russo-lituano Vladimir Romanov, padrone degli Hearts of Midlothian, i granata di Edimburgo. Uno che al suo arrivo in Scozia dichiarò di voler attuare una «rivoluzione dei Romanov», forse a vendicare la Rivoluzione dOttobre che i Romanov (la dinastia degli zar) se li portò via.
E tra sceriffi e cosacchi, ci sono anche presidenti «non allineati», dallegiziano dei magazzini Harrods Mohamed Al Fayed, presidente del Fulham, allislandese Eggert Magnusson, padrone del West Ham, la squadra proletaria dellEast End londinese. Senza contare azionisti greco-ciprioti nel CdA del Tottenham e mercanti ebrei di diamanti con quote dellArsenal.
Insomma, forse perché in Inghilterra il calcio è unindustria ben oliata che promette grandi introiti, forse per snobismo, forse per qualche interesse finanziario meno frivolo, ecco che gli inventori del pallone si trovano invasi da capitali stranieri. Con il rischio concreto di trovare vodka nel termos del tè allintervallo e di vedere il football di Bobby Moore e George Best trasformato in un altro football.
Americano, ovviamente.
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