Più che una mappa dell’evasione fiscale, quella diffusa dall’Agenzia delle entrate è una mappa dell’economia sommersa, del lavoro e della produzione che sfuggono in generale alla regolamentazione e non solo al controllo del Fisco. Il metodo usato assomiglia molto a quello con cui l’Istat rileva (e aggiusta di conseguenza le stime del prodotto interno) l’andamento dell’economia in nero. Si prende in considerazione ciò che appare, ciò che si manifesta,dell’attività economica, e non le fatture e i bilanci. I consumi elettrici, il traffico pesante, la produzione di rifiuti, sono tutte grandezze che dicono inevitabilmente la verità sull’andamento produttivo di una certa zona, con buona pace delle dichiarazioni dei redditi. Con questo metodo, e tra poco affinandone i risultati raggiunti usando strumenti come il redditometro, è stata costruita la radiografia dell’evasione fiscale. La somiglianza con il metodo Istat non è solo una nostra osservazione ma è una realtà operativa:le schede dell’Istituto di statistica sono entrate pienamente nel grande fratello fiscale avviato dall’Agenzia delle entrate.
Ma attenzione, proprio perché si stanno usando modalità di indagine statistica avanzate vale la pena di ricavarne informazioni e indicazioni significative e non banali. Sarebbe una beffa se tutto quell’apparato di dati e di rilevazioni servisse solo per ripetere le solite tiritere sull’evasione tutta annidata presso i lavoratori autonomi e le piccole imprese. E sarebbe uno spreco per un importante strumento di conoscenza. Mentre le banalità, purtroppo, non sono solo tali, ma sono anche un potente strumento di polemica politica. E di conseguenza il risultato della banalizzazione è doppiamente perverso: ci spinge a cullarci nella ripetizione della lamentela contro i soliti noti dell’evasione fiscale e ci porta a contrapporre l’oltranzismo politico pro partite Iva all’esaltazione della correttezza del lavora-tore dipendente.
Ma non è tutto così semplice. Sono in tanti a recitare due o anche tre parti in commedia. E, quindi, a essere, a seconda del momento della giornata, pensionati, dipendenti regolari, dipendenti in nero, autonomi, titolari di piccole imprese, proprietari di case, investitori. Non c’è un confine netto, nella stessa persona possono abitare l’osservanza fiscale e il demone dell’evasione. La mappa diffusa dall’Agenzia delle entrate mostra le grandi criticità fiscali in Campania, in alcune zone della Sicilia e della Calabria, e anche in Puglia e nel Lazio. Sono le zone della più forte diffusione dell’economia sommersa. Ma nell’evasionefiscale che lì certamente si annida cosa c’è di attribuibile ai tradizionali nemici dell’osservanza tributaria? Non sarà certamente la parte «emersa» di piccole imprese e di autonomi a far saltare i conti tra l’attivismo economico rilevabile con gli strumenti statistici e il gettito fiscale. È chiaro che è nelle pieghe dei doppi e tripli lavori e della gestione dei patrimoni che si annida l’evasione. E questo vale anche nelle zone con minore propensione al sommerso. Anche se il peso del fenomeno dell’evasione diventa diverso.
La stessa Agenzia delle entrate riconosce che i suoi dati mostrano una maggiore correttezza fiscale nei grandi centri produttivi. Grandi aziende, esposte e perciò molto controllate, uffici pubblici, transazioni tassate alla fonte ( come quelle realizzate tra banche e clienti), portano ad alzare il gettito rispetto all’attività economica. Ma le due o tre parti in commedia travalicano i confini provinciali e regionali. Una stessa azienda può produrre in nero in una regione e vendere in un’altra, oppure può produrre in nero e poi far emergere la produzione in altre situazioni. E così essere un po’ sommersa e un po’ emersa. Mentre un proprietario di immobili affittati in nero (magari parzialmente) può risiedere altrove e far saltare i conti. E può essere un perfetto contribuente per tutte le sue altre attività. Il senso di quella mappa dell’Italia produttiva e fiscale non sta,quindi,nell’addossare le responsabilità ai soliti bersagli dell’indignazione tributaria.
Se ne ricava piuttosto un’indicazione per la politica, per chi deve disegnare il fisco del futuro. Il passaggio del peso dei tributi dalle persone alle cose sembra sempre più opportuno.
Il trasferimento del carico fiscale su strumenti automatici, come il voucher per i lavori occasionali (in grado di definire anche la parte contributiva del prelievo), sembra sempre più efficiente. La semplificazione si presenta sempre di più come una riforma sostanziale e non soltanto come il riconoscimento di un minimo diritto alla comprensibilità delle regole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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