Maxi scambio tra Mosca e Kiev: cosa succede ora ai prigionieri

Secondo il ministero della Difesa di Mosca, 195 militari di Kiev sono stati scambiati con altrettanti russi nell'ambito del 50esimo negoziato in materia di prigionieri dall'inizio del conflitto

Maxi scambio tra Mosca e Kiev: cosa succede ora ai prigionieri
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Quasi 400 prigionieri di guerra russi e ucraina sono tornati in patria, grazie a uno scambio negoziato tra Mosca e Kiev. Stando a quanto dichiarato dal ministero della Difesa della Federazione, 195 soldati del Paese invaso nel 2022 sono stati scambiati con altrettanti militari del Cremlino. "Il 31 gennaio, a seguito di un processo di negoziati, 195 soldati ucraini che erano in pericolo di vita sono stati restituiti dai territori controllati dal regime di Kiev. In cambio sono stati consegnati 195 prigionieri di guerra delle forze armate ucraine", ha riferito il dicastero. I militari russi liberati saranno trasferiti nella capitale russa "per cure mediche e riabilitazione negli istituti medici del Ministero della Difesa. Tutti i liberati ricevono il necessario aiuto medico e psicologico". Il presidente Vladimir Putin ha inoltre assicurato che gli scambi di prigionieri continueranno.

Il presidente Volodymyr Zelensky ha invece affermato che gli ucraini liberati sono stati 207. “I nostri sono a casa. Dobbiamo riportare a casa tutti, ci stiamo lavorando”, ha scritto su Telegram. Dall’inizio del conflitto, sono quasi 3mila i militari di Kiev tornati in libertà nell’ambito di 50 scambi di prigionieri. Tra di loro, vi sono i difensori di Mariupol e dell’isola dei Serpenti, oltre a uomini del battaglione Azov che hanno retto per settimane all’assedio dell’acciaieria Azovstal. A inizio gennaio, 230 soldati ucraini hanno potuto riabbracciare i loro cari in cambio di 248 uomini di Mosca, il primo negoziato tra le due parti in guerra in merito a militari catturati dal 7 agosto del 2023.

L’ultimo scambio è avvenuto una settimana dopo l’abbattimento dell’aereo da trasporto russo Il-76 su cui, secondo le autorità di Mosca, viaggiavano 65 prigionieri ucraini in volo verso la loro liberazione. Fin dal giorno dell’incidente, Kiev ha sostenuto che a bordo del velivolo vi fossero dei missili S-300 e ha chiesto un’indagine internazionale, che il Cremlino ha rifiutato. Il portavoce dell’intelligence militare ucraina Andrii Yusov ha inoltre dichiarato che la Russia non ha mostrato alcuna volontà di restituire i corpi delle presunte vittime dello schianto. “Tali richieste continuano da parte nostra”, ha affermato l’uomo, sottolineando che ad oggi non vi sono prove della presenza di militari di Kiev sull’Il-76, a parte le affermazioni delle autorità della Federazione.

L’agenzia di stampa russa Tass, citando fonti della sicurezza, ha dichiarato che l’arma responsabile dell’abbattimento dell’aereo sarebbe una delle batterie Patriot consegnata al Paese invaso dagli Stati Uniti. Affermazioni, queste, che non è possibile verificare in modo indipendente.

Alti funzionari di Mosca, come il capo della commissione Difesa della Duma Andrey Kartapolov, hanno definito l’accaduto come “l’ennesimo crimine del regime” di Kiev, più volte accusato da Putin di essere composto da nazisti sostenitori dell'operato di Hitler, e hanno parlato di terrorismo, sostenendo che per quel giorno vi fosse uno scambio di prigionieri già pianificato al checkpoint di Kolotilovka. L’Ucraina ha sempre negato che il processo fosse iniziato.

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