Incubo in Sudan: oltre 600 morti. E l’Ue prepara l’evacuazione

L'esercito regolare sembra avere la meglio sulle forze Rsf di Dagalo, ma i combattimenti sono ancora in corso. Morto un cittadino Usa. E Bruxelles studia come evacuare 1500 persone. Circa 250 gli italiani nel Paese

Incubo in Sudan: oltre 600 morti. E l’Ue prepara l’evacuazione

Continuano gli scontri in Sudan. Il bilancio delle ultime ore appare tragico: il ministero della Sanità sudanese a Khartum ha aggiornato il tragico bilancio degli scontri, i morti sarebbero quindi oltre 600 mentre i feriti supererebbero i 3500. Secondo l'Unicef, fra le vittime ci sono anche una decina di bambini. Questo pomeriggio è arrivata la conferma anche della morte di un cittadino statunitense. Al momento non si conosce la sua identità, né la circostanza che ha portato al decesso. Non è comunque l'unico straniero a essere rimasto ucciso in Sudan: proprio oggi, è stata comunicata dall'Oim (Organizzazione Internazionale per i Migranti) la notizia del decesso di un quarto operatore dell'agenzia.

Infuriano gli scontri

I combattimenti sono iniziati sabato scorso e, da allora, non sono più cessati. Da un lato ci sono le forze Rsf (Forze di Intervento Rapido) guidate dal generale Mohammad Dagalo, meglio conosciuto come Hemmeti. Si tratta di una forza paramilitare costituita dall'ex presidente Omar Al Bashir nel 2013. Al suo interno, ci sono molti degli ex combattenti Janjaweed, i miliziani arabofoni che si sono macchiati di gravi atrocità nel conflitto del Darfur tra il 2003 e il 2009. Dagalo, grazie alla sua posizione di leader Rsf, è diventato l'uomo più potente del Sudan.

Dall'altra parte ci sono i soldati dell'esercito regolare. A guidarli il leader del consiglio militare transitorio, il generale Al Burhan. Di fatto il capo di Stato del Sudan, dopo il golpe del 2021. L'effetto sorpresa sabato scorso ha giocato a favore delle Rsf. Subito dopo però, l'esercito regolare ha saputo riorganizzarsi.

I soldati hanno potuto avere l'appoggio anche dell'aeronautica e il controllo dello spazio aereo potrebbe risultare decisivo per le sorti della battaglia. Nell'ultima settimana sono state bombardate diverse postazioni delle Rsf. Le milizie di Dagalo hanno perso quanto avevano guadagnato nelle prime ore di combattimenti. Diverse basi militari in mano alle milizie sono passate di mano. Complicati ora per loro i trasferimenti e i collegamenti con la Libia, da cui sarebbero arrivati rifornimenti. Anche se proprio dalla Libia il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, ha smentito invii di aiuti a favore di Dagalo.

In sersta le forze armate in Sudan hanno rilanciato la proposta di una tregua di tre giorni per permettere ai cittadini di celebrare l'Eid El Fitrm, che segna la fine del Ramadan, ma soprattutto per facilitare i servizi umanitari. L'annuncio è apparso sulla pagina Facebook delle forze armate: "I militari si aspettano che i ribelli rispettino tutti i requisiti della tregua e che interrompano qualsiasi movimento militare che la comprometta".

Intanto il conto dei morti è destinato a salire. Almeno 600 le vittime, di cui la metà nelle ultime ore. Segno di come non si è più davanti a un tentativo di golpe ma a una vera e propria guerra in grado di coinvolgere purtroppo sempre più civili. A Khartoum, così come nelle principali città del Sudan, la gente sta passando le ultime ore barricata in casa con il terrore di ritrovarsi al centro delle linee del fronte.

Usa e governi europei pronti a evacuare i propri concittadini

La morte del cittadino Usa ha accelerato a Washington i piani per le evacuazioni dei propri concittadini. Nei giorni scorsi non sono stati organizzati ponti aerei per la drammaticità della situazione. Il dipartimento di Stato ha più volte sottolineato l'assenza di idonee condizioni di sicurezza per trasferire via dal Sudan decine di statunitensi.

Dalla Casa Bianca, il portavoce John Kirby ha annunciato che adesso i piani sono pronti. Ma, probabilmente sempre a causa delle precarie condizioni di sicurezza, nessun aereo dovrebbe decollare alla volta di Khartoum nelle prossime ore. Del resto, lo stesso scalo della capitale sudanese è fuori servizio da sabato in quanto interessato dagli scontri.

"Joe Biden - si legge in una comunicazione resa nota da Kirby - ha approvato un piano per inviare soldati americani nel caso siano necessari per evacuare i cittadini e il personale diplomatico. Stiamo semplicemente avviando alcune misure nel caso sia necessario. Ma ripeto: non è stata presa nessuna decisione riguardo una possibile evacuazione". Il personale diplomatico è stato invitato a mettersi al sicuro. Le sedi delle ambasciate sono molto vicine ai luoghi degli scontri.

Anche in diverse cancellerie europee ci si prepara a possibili piani di evacuazione. Un responsabile delle istituzioni europee, ha dichiarato all'Afp che a Bruxelles si sta vagliando un programma per un'evacuazione via terra. Ma anche in questo caso, si aspetta il miglioramento delle condizioni di sicurezza per procedere. "L'evacuazione non potrà avere luogo mediante l'aeroporto, che è chiuso, ma per via terrestre - ha reso noto il funzionario europeo - e abbiamo bisogno a questo scopo di un cessate il fuoco di tre giorni. Le condizioni di sicurezza non sono tali da considerare questa operazione al momento, ma quando il momento verrà saremo pronti".

Lo stesso funzionario ha precisato che Bruxelles e sette Stati membri con missioni in Sudan, tra cui Italia, Francia e Germania, dovranno provare a evacuare circa 1.500 cittadini europei intrappolati tra gli scontri. Secondo una stima del Corriere della Sera gli italiani ancora presenti nel Paese sarebbero circa 250, per lo più operatori umanitari e dipendenti dell'ambasciata italiana.

Corea del Sud e Giappone stanno inviando aerei per evacuare i cittadini.

Ma i velivoli atterreranno nei Paesi circostanti. Tokyo ad esempio userà la propria base di Gibuti come appoggio per procedere, una volta considerate idonee le condizioni, con i piani per il rientro a casa di decine di connazionali.

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