Sono passate giorni e giorni dall'incursione ucraina nel Kursk, eppure la risposta devastante che il Cremlino aveva promesso tarda ad arrivare. Le forze ucraine intanto, sono riuscite, bombardando il terzo ponte sul fiume Seym, ad amputare le linee di rifornimento russe nell'area.
Intanto, Kiev passa al contrattacco anche dal punto di vista culturale, colpendo Putin in uno dei suoi punti più deboli. Il Parlamento ucraino ha adottato un disegno di legge che prevede la messa al bando della Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca e spesso considerata un agente d'influenza del Cremlino.
Errore strategico o incompetenza dei generali?
Se Vladimir Putin, da Mosca aveva annunciato il timore che Kiev stesse progettando un'offensiva dello stesso calibro altrove, anche questa tarda ad arrivare. Dal punto di vista ucraino questo aspetto è facilmente spiegabile: non si organizza un'incursione in casa del nemico in pochi giorni. Anche perché alle forze armate ucraine la sortita nel Kursk sta costando eccome in termini di uomini e di mezzi. Non è semplice per un Paese invaso che da due anni e mezzo sta impiegando ogni risorsa nella Difesa.
Dal punto di vista del Cremlino il silenzio può avere diversi significati. Jamie Dettmer, editorialistico di Politico, ha provato ad avanzare delle ipotesi. La prima, la più banale ma forse la più probabile, è che questa volta a Mosca non si sappia che pesci prendere. Un'ipotesi non così peregrina,visti gli immani errori di calcolo che i generali di Putin hanno compiuto in questi anni, e che hanno spesso costretto Mosca a violenti cambi al vertice delle operazioni. La seconda ipotesi, che spiegherebbe il perché di tanto attendismo, potrebbe essere una necessità tattica di rinforzare le difese, in modo da non sguarnire il fronte nel Donetsk, ove i russi stanno ottenendo importanti risultati.
Ed è proprio dal campo di battaglia che giunge una nuova accusa da Mosca. Ci sarebbero "prove emergenti" della partecipazione di "compagnie militari private americane" al fianco delle forze armate ucraine durante l'invasione della regione del Kursk. Lo ha riferito il ministero degli Esteri russo all'incaricata d'affari degli Stati Uniti nel Paese, Stephanie Holmes, dopo averla convocata presso la sua sede. Lo riporta Interfax citando una dichiarazione del Ministero degli Esteri russo pubblicata sul suo sito web.
La terza ipotesi: la strategia di Alexsei Dumin
Il terzo coacervo di ipotesi ruota attorno all'uomo scelto nella regione di Kursk, Alekxei Dyumin, ex guardia del corpo di Putin, che dovrebbe guidare le operazioni nell'area. Vero e proprio prodotto dei servizi di sicurezza russi, è noto per le sue doti di freddo calcolatore, ma soprattutto per la sua incrollabile lealtà al Cremlino. L'ex governatore della regione di Tula, a Kursk è nato, e conosce molto bene il territorio su cui si muovono le truppe.
Dyumin è uno di quei siloviki che ha fatto carriera in fretta. Nel 2014, in qualità di vice capo del GRU, ha svolto un ruolo chiave nell'evacuazione del presidente ucraino Viktor Yanukovych e poi nell'annessione della Crimea. Successivamente nominato capo di Stato maggiore delle Forze terrestri, ha ricoperto brevemente la carica di vice ministro della Difesa alla fine del 2015, prima di compiere una svolta più politica, come desiderato dal suo patron al Cremlino: l'anno seguente è diventato governatore della regione di Tula, specializzata nella produzione di armi, circa 200 chilometri a sud di Mosca. Una carriera fulminea che ha più volte alimentato i rumors circa una sua possibile succssione a Putin.
L'ipotesi della trappola
L'incarico di Dyumin è stato accolto con approvazione dai blogger militari russi, che vedono nel suo coinvolgimento un segnale che il Cremlino sta adottando misure decisive per affrontare la situazione. Nonostante il suo nuovo ruolo, Dyumin non ricopre attualmente alcuna posizione ufficiale all'interno del Ministero della Difesa o del Servizio di sicurezza federale. Tuttavia, la sua recente nomina a segretario del Consiglio di Stato russo, un organo consultivo che stabilisce gli obiettivi strategici di politica interna ed estera, suggerisce che egli rimanga una figura fondamentale all'interno del governo russo.
Ma c'è chi pensa all'ipotesi della trappola. Sostanzialmente, nel Kursk, Putin starebbe lasciando fare. La propaganda russa, infatti, comincia a bollare l'iniziativa di Kiev come una "trappola" ai danni di Volodymyr Zelensky. In questo modo, dicono, il presidente russo potrebbe avere campo più libero su altri fronti, lasciando "stancare" il nemico oltre a fargli consumare "proiettili".
Intanto, secondo fonti del ministero della Difesa russo citate dai quotidiani internazionali, il leader del Cremlino potrebbe pensare a una nuova mobilitazione entro fine anno per "rimpinguare" il suo esercito. Un'ipotesi, anche questa, affatto peregrina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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