"Sono martiri ed eroi". Le chat horror di Unrwa che inneggia ad Hamas

Siamo entrati in alcune chat Telegram fra i dipendenti Unrwa: tra mille informazioni di servizio, dal 7 ottobre scorso, un florilegio di messaggi di gioia e apprezzamento per l'operazione di Hamas

"Sono martiri ed eroi". Le chat horror di Unrwa che inneggia ad Hamas

Proseguono le indagini sulle sospette collusioni di dodici dipendenti dell'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi creata nel 1949 e che ora rischia di essere travolta da una tempesta: e le Nazioni Unite claudicanti assieme a lei. A setaccio anche le conversazioni sul web dei dipendenti, alla ricerca della prova di un ruolo materiale nella catena di sostegno e supporto ad Hamas negli attacchi del 7 ottobre.

Il mare magnum del web, tra gruppi, chat e siti di vario genere, è uno dei "luoghi" in cui gli investigatori stanno cercando, se non le prove del coinvolgimento nei fatti del 7 ottobre, quantomeno la traccia di un supporto morale ad Hamas e del simpatizzare per le azioni del gruppo. La chat Telegram dei dipendenti dell'Unrwa è una di queste: un canale al quale ci su può iscrivere e che, a oggi, conta 3.339 membri. La mattina del 7 ottobre, all'alba, i membri del gruppo sembrano scambiarsi normali messaggi tra colleghi, segnalando con un post chi è a lavoro e chi no. Ma qualcosa, ad un certo punto, sembra agitare i componenti della chat che iniziano a chiedere a ripetizione "Cosa sta accadendo?", "Si sentono rumori di razzi", "Non si sa se uscire o restare in casa": quello che stava accadendo, poco dopo le sei del mattino lo sappiamo bene, ed era l'inizio di una nuova fase del conflitto in Medio Oriente che dura ormai da oltre tre mesi.

I messaggi di giubilo tra i dipendenti Unrwa

Nella chat inizia a serpeggiare il panico, man mano che gli attacchi aumentano la loro virulenza: qualcuno, ancora ignaro di quello che sta accadendo, chiede candidamente di "che ricorrenza si tratti". Ma ben presto è chiaro a tutti che quel giorno non si andrà a lavoro. Quando è ormai spuntato un nuovo giorno, compare nella chat il primo messaggio sibillino: "Li colpiamo prima che loro colpiscano noi". Tra un'invocazione ad Allah e un'altra, colpisce un altro messaggio "Che Dio rafforzi i loro piedi e affini la loro abilità di tiro", mentre qualcuno prega perché la situazione torni calma: in ballo c'è il proprio posto di lavoro, ma anche l'apertura delle scuola e di altri servizi essenziali.

Mentre più di qualcuno continua a chiedersi cosa stia accadendo, ma soprattutto dove (molti sospettano si tratti nel nord di Israele) uno degli utenti sbotta: "Questo attacco è una ricompensa per la guerra del 2008, noi la iniziamo oggi". E ancora "La Palestina è libera", "Festa della liberazione", "Giorno della Liberazione", "Il mondo è risorto": sono appena le 6.13 del 7 ottobre 2023. In attesa del messaggio che giungerà poi dal capo delle Brigate Qassam, nella chat ha inizio un florilegio di citazioni, molte della quali dal Sahih al-Bukhari, una delle principali raccolte di hadith dell'Islam sunnita: "O Allah, Colui che ha rivelato il Libro, Colui che fa scorrere le nuvole e Colui che sconfigge i nemici, sconfiggili e dacci la vittoria su di loro".

I "martiri" e gli "eroi" secondo l'Unrwa

Dopo le 7.00 del mattino, è ormai giorno ovunque in Israele, come nella Striscia di Gaza. I messaggi che esprimono dolore, paura o preoccupazione per la situazione iniziano a diradarsi. Nella chat un uomo chiede: "Che tipo di educazione hanno ricevuto questi eroi?", un altro componente del gruppo risponde "Educazione in moschea e ferma convinzione. Hanno nutrito il jihad e la resistenza con il latte delle loro madri", e ancora "Che Allah li sostenga, che Allah dia loro la vittoria, che Allah li protegga".

Un collega gli risponde: "Orgoglio nel senso più alto del termine", "Voglio che uno di questi eroi mi insegni come crescere i miei figli", "Educarli alla sana dottrina e al Corano e che morire sulla via di Allah è la nostra massima aspirazione". In mezzo a tale quantità di messaggi di supporto all'operazione di Hamas, i cui primi dettagli iniziano a diffondersi, compaiono qui e lì post che chiedono informazioni pratiche, come ad esempio se le banche resteranno aperte, oppure altri utenti che cercano di capire se le attività verranno sospese anche nei giorni a venire.

Nel corso della giornata, quando ormai le immagini della carneficina di Hamas hanno fatto il giro del mondo, sul gruppo proseguono le espressioni di giubilo per l'accaduto: un utente esclama "Uno spettacolo da vedere!" , "Questo è un giorno benedetto" gli risponde un altro. C'è poi chi invita Rafah, la città dell'omonimo valico, "a rialzarsi" e chi dichiara di non aver paura di morire. Il minimo comune denominatore è il modo in cui la maggior parte degli utenti si riferisce ai miliziani di Hamas: "martiri" ed "eroi".

Le denunce di Un Watch contro l'Unrwa

Telegram, come tutti i "non luoghi della rete", non è esente da contraddizioni. Il canale di cui sopra può accogliere chiunque, compresi account fake e troll. Tuttavia, questa resta una chat di "servizio", utile a capire gli umori tra i dipendenti dell'Agenzia. UN Watch, la Ong svizzera che monitora l'operato delle Nazioni Unite, nell'ottobre del 2015 aveva già denunciato come i dipendenti Unrwa incitassero all'uccisione degli ebrei.

E ancora, nello stesso anno, la Ong denunciava che, nonostante le promesse di imparzialità dell'agenzia per i rifugiati palestinesi, gli insegnanti, a Gaza come altrove, seguitavano a incitare gli alunni a "uccidere i maiali e le scimmie ebree" e al Jihad. Le denunce dalla Svizzera sono continuate incessantemente, fino all'indomani dell'attacco dell'ottobre scorso, ove insegnanti (che costituiscono una buona fetta di impiegati dell'Unrwa) glorificavano l'azione di Hamas.

I sospetti ora si affollano su soli 12 dipendenti dell'agenzia: "meno di uno su mille", più di qualcuno si è affrettato a calcolare.

Ma le risposte nella chat (e quella dell'Unrwa è solo una delle tante) sono espressione di un sentimento che non dovrebbe albergare in chi, seppur "figlio" di questa terra martoriata, dovrebbe essere al servizio di un bene superiore e che, scegliendo di stare dalla parte dei tagliagole di Hamas, mostra di non avere a cuore il futuro del popolo palestinese in primis. Oltre la drammatica frangibilità del Palazzo di Vetro.

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