Israele taglia ogni contatto con l'Unrwa. E l'Idf resta in Siria a tempo indefinito

Netanyahu da Trump il 4 febbraio

Israele taglia ogni contatto con l'Unrwa. E l'Idf resta in Siria a tempo indefinito
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L'ennesima polemica nel contesto di una tregua che resta fragile. «Israele interromperà ogni contatto con l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati e chiunque agisca per suo conto». Lo ha comunicato ufficialmente l'ambasciatore israeliano all'Onu, intimando all'Unrwa di lasciare il Paese entro il 30 gennaio. «Non è una decisione politica, è una decisione necessaria», ha detto Danny Danon. L'agenzia è finita nel mirino di Tel Aviv perché accusata di sostenere apertamente Hamas, visto anche il coinvolgimento di alcuni membri dell'agenzia negli attacchi del 7 ottobre e nelle successive fasi del conflitto. Furioso il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres che in una lettera ufficiale ha chiesto che Israele «rispetti il mandato assicurato all'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi dall'Assemblea Generale». Una scelta forte, che ha avuto anche l'appoggio degli Stati Uniti. Non a caso, il premier Benyamin Netanyahu è stato ufficialmente invitato il 4 febbraio. «Un passo importante e simbolico per il forte legame tra Israele e gli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump», ha commentato l'ufficio di Bibi che sarà il primo leader straniero ad andare alla Casa Bianca.

Ma Israele non si ferma al fronte palestinese. Il ministro della Difesa Israel Katz ha infatti confermato che l'esercito resterà in Siria «nella zona di sicurezza a tempo indeterminato per garantire la sicurezza delle comunità delle alture del Golan e del nord, e di tutti i residenti di Israele», scelta presa subito dopo la caduta del regime di Assad. Inoltre, le forze non si fermano nemmeno in Libano. L'Idf ha affermato che «continuano le operazioni difensive nel Libano meridionale».

Almeno 26 persone sono state uccise e più di 140 sono rimaste ferite dal fuoco israeliano negli ultimi giorni «per rimuovere minacce e infrastrutture terroristiche», secondo Tel Aviv. Un'altra decisione che, comunque, aumenta la tensione in Medioriente.

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