A primavera più che inoltrata, la battaglia di e per Kharkiv sembra ormai essere decisiva per le sorti della guerra in Ucraina. La seconda città del Paese, dal passato glorioso legato a trasporti, ricerca scientifica e industria, ora rischia di trasformarsi nell'Aleppo ucraina. Quattro mesi di bombardamenti incessanti, ultimo ma non ultimo il raid sull'ipermercato sabato scorso, che al momento fa registrare 16 morti.
Kharkiv sotto assedio
Solo due settimane fa, gli attacchi nella regione sembravano comunque essere altro rispetto alla scelta di prendere la città. Le forze di Mosca sembravano "fermate" nella cosiddetta "zona grigia" e si seguitava a credere che non ci fosse nessuna avanzata. Nessun pericolo sull'ipotesi di voler prendere la città. Due settimane dopo, la prospettiva si è ribaltata. A Kharkiv si continua a resistere, soprattutto in virtù del fatto che, all'inizio dell'invasione, non fu presa come i russi speravano. La "quinta regione" che avrebbe dovuto essere annessa nei piani di Mosca, ora sembra essere al centro delle ossessioni della Federazione, tanto da puntare qui per la spallata finale. Prendere Kharkiv non ha solo un valore politico, ma lascerebbe l'Ucraina orfana della terza città del Paese per PIL, nonchè della fonte principale di gas naturale di Kiev.
Nella stessa regione, secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il Cremlino starebbe preparando una nuova offensiva e per questo avrebbe ammassato numerosi contingenti ad una novantina di chilometri dalla metropoli. Obiettivo di Mosca, nelle ultime ore, sono stati comunque anche altri oblast: missili - di cui due ipersonici Kinzhal - e 31 droni sono stati lanciati contro diverse aree del Paese. Le sirene hanno risvegliato di notte anche gli abitanti della capitale. I media russi, infine, hanno comunicato la conquista di un villaggio nel Donetsk (Umansk) e a est di Kharkiv (Berestovoe). La loro avanzata appare più lenta rispetto alle scorse settimane, ma Kiev in questo momento rimane sulla difensiva e non è in grado di contrattaccare.
Kharkiv resiste, la Nato si agita
Se su Kiev i russi hanno finito per desistere (si spera), l'ossessione per Kharkiv non avrà fine fino a quando non sarà russa. I cittadini resistono, e questo fa della battaglia per quest'area la Stalingrado di questo conflitto. Questo ha già causato un progressivo aumento della virulenza degli attacchi sulla città (1,3 milioni di abitanti): qui infatti si combatte con ogni mezzo. Bombe plananti, missili, droni scagliati contro quartieri residenziali e infrastrutture civili: null'altro che il metodo terrorista per indurre i cittadini a lasciare la città, segnando la svolta per le forze del Cremlino. Molti cittadini hanno sì lasciato l'area per spostarsi in aree più sicure, nella fascia occidentale del Paese, ma altri organizzano la resistenza. Bambini e ragazzi fanno scuola nella metropolitana trasformata in bunker. Si cercano e si offrono alloggi temporanei per gli sfollati. Si fanno scorte di cibo, nonostante i blackout continui che costringono a vivere attaccati ai generatori.
Se Mosca non vuole rinunciare a Kharkiv, nemmeno l'Occidente sembra disposto a cedere. Non si vuole ripetere l'abominio del Donbass o della Crimea: Kharkiv deve restare ucraina. Un principio che lentamente la Nato sta facendo proprio, come testimoniano i toni inconsueti di Jens Stoltenberg. La tensione sembra destinata a salire ulteriormente e l'ennesima carneficina compiuta accrescere il rischio di un allargamento del conflitto. In tal senso le parole pronunciate dal segretario generale della Nato sono state chiare: "Negare all'Ucraina la possibilità di usare le armi occidentali contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo rende molto difficile per loro difendersi". Questo potrebbe voler dire che Kiev potrebbe essere ad un passo dal ricevere il via libera all'utilizzo dei missili oltre i propri confini. Un cambio di rotta significativo. A darne un primo segnale era stato il presidente francese Emmanuel Macron, che non aveva escluso l'invio di truppe in Ucraina scatenando il putiferio nell'Alleanza e nell'Unione.
Le reazioni europee alla minaccia su Kharkiv
E la risposta russa verso questa possibilità non è tardata ad arrivare. La reazione di Mosca arriva attraverso quel falco a comando che è Dmitri Medvedev, che torna a ringhiare contro la Nato: "un attacco americano contro obiettivi russi significherebbe l'inizio di una guerra mondiale", questa volta lodando la "calma" con cui stanno reagendo gli Stati Uniti: "gli yankee sono comunque più cauti dei polacchi", ha tuonato Medvedev all'indirizzo del presidente Duda, che aveva annunciato la volontà di schierare armi nucleari tattiche nel suo Paese.
La battaglia per Kharkiv sembra scaldare i motori delle singole nazioni, al di là degli intenti collettivi: la Lituania ha già fornito la propria disponibilità a inviare uomini per addestrare l'esercito ucraino; idem per Lettonia ed Estonia mentre altre capitali, fra cui Helsinki, starebbero pensando a una coalizione di Stati, al di fuori della Nato, per intervenire direttamente a difesa di Kiev. Un'opzione che è già sul tavolo da tempo e che potrebbe trovare un appoggio più o meno diretto da Londra e Parigi. Ben più caute Roma, Berlino e Madrid, con il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani che ha ribadito coma l'Italia sia in campo "per difendere il diritto all'indipendenza dell'Ucraina".
Gli Stati Uniti si atteggiano a Temporeggiatore: non è questo il tempo per un coinvolgimento maggiore. Vadano avanti gli europei. Il paradosso? Su questo aspetto sembrano convergere sia Joe Biden che Donald Trump.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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