L'appello dell'ostaggio del Jihad islamico: guerra psicologica senza sosta

L'organizzazione affiliata ad Hamas ha diffuso sui social un filmato che ritrae Elad Katzir, 47enne rapito il 7 ottobre nel kibbutz di Nir Or. L'uomo rivolge un appello a Netanyahu per un cessate il fuoco

L'appello dell'ostaggio del Jihad islamico: guerra psicologica senza sosta
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Il Jihad islamico palestinese, uno dei gruppi terroristici attivo nella Striscia e alleato di Hamas, ha diffuso un nuovo video di propaganda con l’appello di un ostaggio. Si tratta di Elad Katzir, un agricoltore 47enne del kibbutz di Nir Oz rapito durante gli attacchi del 7 ottobre. Le immagini mostrano l’uomo in piedi all’interno di una stanza dalle pareti bianche, con la bandiera dell’organizzazione islamista sullo sfondo.

Elad era apparso anche in un video pubblicato il 20 dicembre assieme ad un altro prigioniero, Gadi Mozes. Sua madre Hanna era stata rapita, ma è già tornata in libertà, mentre il padre Rami è stato ucciso. Nel filmato diffuso sui social dal Jihad, l’ostaggio parla in ebraico sottotitolato in arabo. "Mi avete lasciato prigioniero ad affrontare la morte per la prima volta il 7 ottobre ed ora sono tre mesi che mi lasciate ad affrontare la morte qui a Gaza", afferma nel filmato, sottolineando di essere sopravvissuto per miracolo agli assalti dei terroristi durante lo Shabbat. "Non dite alla mia famiglia che avete fatto tutto per il mio rilascio. Questo non è vero". Rivolge poi un appello al governo di Benjamin Netanyahu affinché venga fermata "questa guerra di sterminio".

Alcuni media dello Stato ebraico hanno citato la notizia, senza però condividere il video o riportare le parole di Elad. La politica adottata dagli organi di informazione di Tel Aviv, infatti, è quella di non diffondere dichiarazioni di persone sicuramente costrette a leggere copioni preparati dai terroristi e probabilmente minacciate di ritorsioni o abusi fisici in caso di rifiuto. Dall’inizio del conflitto, Hamas e il Jihad islamico palestinese hanno condiviso diversi firmati del genere, usandoli come arma di guerra psicologica per portare la popolazione a fare pressioni sul governo di emergenza e facilitare le trattative per un cessate il fuoco, fondamentale per i terroristi al fine di riorganizzare le proprie forze e rafforzare le difese dei settori di Gaza ancora sotto il loro controllo.

Un piano, questo, raggiunto solo in parte. La stragrande maggioranza degli israeliani, infatti, è favorevole al proseguimento del conflitto e a protestare sono solamente le famiglie degli ostaggi, rassicurate più volte dal premier Netanyahu sul fatto che il salvataggio delle persone rapite sia una delle priorità delle operazioni di terra nella Striscia. Ne è una prova la notizia secondo cui le Idf avrebbero trovato il nascondiglio di Yahya Sinwar, il numero uno di Hamas, ma che non l’abbiano ancora attaccato visto che il leader dei terroristi si è circondato di prigionieri israeliani usati come scudi umani. Il nodo ostaggi è stato anche la causa determinante del fallimento della prima tregua, a inizio dicembre.

Secondo il governo di Tel Aviv, in quell’occasione Hamas non aveva rispettato i termini dell’accordo, rifiutandosi di rilasciare diverse donne prigioniere per paura delle accuse di violenze sessuali.

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