"La nostra risposta sarà brutale": Khamenei ha dato l'ordine di prepararsi ad attaccare

Teheran starebbe mettendo a punto il piano per vendicare gli attacchi ai propri siti militari. Resta però il mistero sui tempi della rappresaglia: le elezioni Usa, unico grande spartiacque

"La nostra risposta sarà brutale": Khamenei ha dato l'ordine di prepararsi ad attaccare
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Sulle montagne russe del conflitto a distanza tra Iran e Israele, nuove indiscrezioni trapelano a proposito della risposta che Teheran starebbe preparando per vendicare gli attacchi ai suoi siti militari. Ancora una volta è la stampa Usa a dare voce a fonti anonime che, questa volta, annunciano una preparazione all'ora X, più o meno imminente, da parte della Repubblica Islamica.

Il via libera di Khamenei

Il New York Times cita tre funzionari iraniani secondo cui l'ayatollah Ali Khamenei avrebbe dato istruzioni lunedì al Consiglio supremo per la sicurezza nazionale di prepararsi ad attaccare Israele dopo aver esaminato i danni causati dall'aviazione israeliana all'inizio di questo mese e aver stabilito che erano troppo gravi per essere ignorati. I funzionari affermano che i comandanti militari stanno preparando una lista di decine di potenziali obiettivi militari in Israele. La domanda resta però la medesima: quando? Secondo i funzionari è improbabile che l'attacco possa aver luogo prima delle elezioni Usa, poiché Teheran teme che un'escalation nella regione possa favorire Donald Trump, fautore della rottura con Teheran a proposito dell'accordo sul nucleare.

L'Iran ha avvertito che fornirà una risposta "brutale" all'attacco israeliano e che Israele "se ne pentirà". Lo scrivono i media iraniani. "La recente azione del regime sionista, che ha attaccato parti del nostro Paese, è stata un atto disperato e la Repubblica islamica dell'Iran risponderà in modo brutale che farà pentire Israele", ha affermato Mohammad Mohammadi Golpayegani, capo dell'ufficio della Guida suprema, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Tasnim.

Prima o dopo le elezioni Usa?

L'ipotesi temporeggiamento, però, sembra cozzare con altri rumor giunti dalla Repubblica Islamica. Non più tardi di ieri, la Cnn ha riportato che Teheran potrebbe contrattaccare Tel Aviv prima delle elezioni Usa. Anche qui si trattava di una fonte anonima che avrebbe giurato che il regime degli ayatollah stia mettendo a punto una riposta "definitiva": "La risposta della Repubblica islamica dell'Iran all'aggressione del regime sionista sarà definitiva e dolorosa", aveva affermato la fonte. Sebbene non abbia fornito una data esatta per l'attacco, ha ribadito che "probabilmente avverrà prima del giorno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti". Difficile prevedere cosa si intenda per "definitiva": un attacco simbolico che porrà fine a questo conflitto a episodi oppure un "lezione" di portata storica?

Un'unica certezza: la risposta ci sarà

Al di là delle modalità operative e delle tempistiche, ciò che è certo è che la partita non è finita qui. Per Teheran non rispondere significherebbe perdere credibilità dinanzi ai propri sostenitori, un segnale di debolezza che finirebbe inevitabilmente per appannare la proiezione regionale del Paese, oltre alle sue ambizioni. Tuttavia, l'ipotesi di un'attesa che possa durare almeno fino alla fine della prossima settimana sembra essere la più plausibile fra analisti e strateghi: Teheran vuole attendere di capire chi sarà la loro controparte alla Casa Bianca e quanto rischierebbe se non dosasse la forza.

Più o meno la stessa ragione alberga dietro le quinte del conflitto mediorientale "stretto", ovvero quello tra Israele e Hamas che sembrano rifiutarsi di compiere passi decisivi, in un senso e nell'altro, prima di conoscere chi sarà il pilota della politica estera Usa nei prossimi quattro anni.

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