"Risposta definitiva e dolorosa": l'attacco di Teheran a Israele arriverà prima delle elezioni Usa

Fonti interne alla Repubblica Islamica sostengono che la reazione al raid israliano sui siti militari giungerà prima del 5 novembre. Potrebbe, trattarsi, tuttavia, di mere azioni simboliche

"Risposta definitiva e dolorosa": l'attacco di Teheran a Israele arriverà prima delle elezioni Usa
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Quella che sta per arrivare potrebbe essere la settimana più difficile del 2024 per gli equilibri internazionali: mentre la campagna elettorale americana è agli sgoccioli, facendo sentire tutto il peso dell'incertezza, Iran e Israele potrebbero dare sfogo a un nuovo regolamento di conti. Secondo quanto riporta la Cnn, infatti, la Repubblica Islamica potrebbe contrattaccare Tel Aviv prima delle elezioni Usa.

Nessuna data esatta

L'Iran risponderà in modo "definitivo e doloroso" agli attacchi israeliani del 25 ottobre, secondo una fonte di alto rango che ha interloquito con l'emittente americana. "La risposta della Repubblica islamica dell'Iran all'aggressione del regime sionista sarà definitiva e dolorosa", ha affermato la fonte. Sebbene non abbia fornito una data esatta per l'attacco, ha affermato che "probabilmente avverrà prima del giorno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti". Dichiarazioni che stridono con i tentativi iniziali di Teheran di minimizzare la gravità degli attacchi condotti da Israele, ma anche con le dichiarazioni dell'ayatollah Khomeini che sembravano aver gettato acqua sul fuoco a poche ore dai raid sui siti militari iraniani.

Una risposta minore del previsto?

Si tratta di un bluff per mettere in crisi le nazioni occidentali a un passo da giorni così complessi? Tutto è possibile. L'Iran ha tutto l'interesse a capire quali saranno gli esiti della competizione della Casa Bianca per comprendere quanto in là potrebbero spingersi Washington e Tel Aviv. Per il regime degli ayatollah non rispondere significherebbe perdere credibilità dinanzi ai propri sostenitori, un segnale di debolezza che finirebbe inevitabilmente per appannare la proiezione regionale del Paese. Allo stesso tempo un eventuale attacco verso lo Stato ebraico sarebbe una porta spalancata su un domino infinito: risparmiate alcuni giorni fa, questa volta nel mirino potrebbero finire infrastrutture energetiche di valore cruciale o impianti nucleari la cui distruzione potrebbe avere ripercussioni drammatiche per il Paese. Secondo analisti e osservatori l'Iran, come avvenuto in passato, potrebbe utilizzare mere azioni di disturbo, risposte su piccola scala, ma simboliche. Attacchi per colpire lo Stato ebraico che non è detto scatenino risposte su suolo iraniano.

Teheran continua a produrre missili

Quanto alla capacità di risposta, Teheran ha "rassicurato" i nemici sulla continuità del processo produttivo dei missili e altre tecnologie letali. La produzione missilistica iraniana non sarebbe stata interrotta dopo gli attacchi aerei israeliani sulla Repubblica islamica del 26 ottobre. Lo ha dichiarato il ministro della Difesa Aziz Nasirzadeh, citato dai media statali. Al contrario, numerosi rapporti israeliani e internazionali, che citano funzionari israeliani, americani e iraniani, hanno indicato che gli attacchi hanno inferto un duro colpo alla capacità dell'Iran di produrre missili a lungo raggio, distruggendo almeno una decina di miscelatori di combustibile solido, la cui sostituzione richiederà almeno un anno.

Israele, intanto, si prepara a un'eventuale contromossa: se l'Iran dovesse lanciare nuovamente missili balistici contro Israele, l'esercito risponderà utilizzando "capacità che non abbiamo utilizzato" e "colpirà siti che allora abbiamo risparmiato". Lo ha dichiarato il capo di stato maggiore delle Idf, il tenente generale Herzi Halevi, affermando che "se l'Iran commette l'errore e lancia un'altra raffica di missili contro Israele, sapremo ancora una volta come raggiungere l'Iran, anche con capacità che questa volta non abbiamo utilizzato, e colpire molto, molto duramente le capacità e i luoghi che questa volta abbiamo risparmiato".

Incontrando i militari di stanza nella base aerea di Ramon, nel sud di Israele, Halevi ha dichiarato di non aver colpito alla massima potenza "per una ragione molto semplice: perché potremmo essere costretti a farlo di nuovo. Non abbiamo terminato, ci troviamo proprio nel mezzo".

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