"Si è suicidato": il giallo dell'alto funzionario russo rimosso da Putin

Secondo la ricostruzione delle autorità Vladimir Makarov, ex secondo in comando del dipartimento anti estremismo del ministero dell’Interno, si sarebbe suicidato

"Si è suicidato": il giallo dell'alto funzionario russo rimosso da Putin

Un’altra morte misteriosa in Russia. Questa volta è il turno di Vladimir Makarov, maggiore generale rimosso per volere di Vladimir Putin il mese scorso dall'incarico di secondo in comando del dipartimento anti estremismo del ministero dell’Interno. Il corpo di Makarov, 72 anni, è stato ritrovato nel villaggio di Golikovo vicino a Mosca. I funzionari delle forze dell'ordine hanno detto all’agenzia russa TASS che l’uomo si sarebbe suicidato.

La morte di Makarov

Secondo la ricostruzione delle autorità, il signor Makarov si sarebbe suicidato nella sua casa di campagna non distante dalla capitale. Fino a gennaio era stato vice capo del dipartimento per la lotta "all'estremismo", termine, nello specifico, utilizzato in Russia per descrivere una serie di gruppi di opposizione, come la fondazione di Alexey Navalny.

Il quotidiano Moskovskij Komsomolets ha scritto che si tratterebbe di un suicidio, e che nella casa dell’ex alto dirigente sarebbero state trovate armi da fuoco. La moglie di Makarov, Valentina, avrebbe trovato il marito con una ferita da arma da fuoco autoinflitta alla testa, ha aggiunto il notiziario in lingua russa SOTA. Il figlio della coppia ha quindi chiamato un'ambulanza ma per il generale non c’è stato niente da fare se non costatare il suo decesso.

Stando ad alcune indiscrezioni non confermate il generale sarebbe caduto in una "profonda depressione" dopo essere stato licenziato da Putin. I parenti avrebbero anche affermato che Makarov non sapeva più "cosa fare di se stesso" durante il suo ritiro forzato.

Un’altra morte sospetta

In ogni caso, il giallo sulla morte di Makarov resta. Anche perché non è certo l’unico, e forse non sarà neppure l’ultimo, alto funzionario, ex dirigente o oligarca russo a perdere la vita in circostanze poco chiare.

Giusto per ricordare i precedenti più eclatanti, lo scorso novembre il colonnello Vadim Boiko, 44 ​​anni, vice capo della Makarov Pacific Higher Naval School di Vladivostok, è stato trovato morto a causa di molteplici ferite da arma da fuoco in quello che è stato descritto come un suicidio.

Boiko, che ha avuto un ruolo di primo piano negli sforzi di mobilitazione parziale voluta da Putin, si sarebbe "giustiziato" con cinque colpi di pistola al petto nell'ufficio del suo comandante dopo essere stato presumibilmente incaricato di prendersi la colpa per alcuni dei problemi che affliggevano la guerra in Ucraina.

Oligarchi e alti dirigenti

Un mese più tardi, a dicembre, il magnate Pavel Antov, che aveva in precedenza criticato la cosiddetta operazione militare speciale sul territorio ucraino, è precipitato da un hotel di lusso in India, tre giorni dopo che un suo caro amico aveva perso la vita durante lo stesso viaggio.

Andando ancora a ritroso nel tempo, in estate sia il maggiore generale in pensione dell’Fsb, Yevgeny Lobachev, che il maggiore generale del servizio di intelligence internazionale SVR, Lev Sotskov, sono stati ritrovati senza vita.

Si potrebbe poi aprire un capitolo a parte sugli oligarchi deceduti in episodi curiosi o ancora da chiarire. Ivan Pechorin, capo dell’Istituto per lo sviluppo nell’Estremo Oriente e nell’Artico, che rispondeva direttamente a Putin, è caduto da una barca mentre si trovava in alto mare.

Ravil Maganov, dirigente della

Lukoil, è invece caduto da una finestra dell’ospedale nel quale era ricoverato. Brutta fine anche per Sergey Protosenya, massacrato in Spagna assieme alla famiglia. E la lista potrebbe continuare ulteriormente.

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