Alla guida del piroscafo verso la «Merica»

Alla guida del piroscafo verso la «Merica»

(...) Mie perché grazie a un miracoloso software posso controllare la direzione col timone (una ruota a caviglie) e la velocità col rumoroso telegrafo di macchina. Non importa se alle spalle ho solo qualche giornata di gozzo, un po' di canoa e un paio di passaggi in traghetto: dalla timoneria lo schermo mi offre in 3D vari banchi di prova e la nave è mia. O quasi.
Prima di me, padre al timone e figlia concentrata tra un avanti-mezza e un indietro-tutta cercano di evitare le insidie dello Stretto di Gibilterra. Aspetto il mio turno e, noblesse oblige, li lascio guardare la mia performance sul Titanic, uno slalom notturno tra gli iceberg… Nessuna esitazione: mi spiace per Di Caprio ma la storia deve seguire il suo corso e, comunque, mi sento più in stile «Poseidon». Avanti tutta: sullo schermo vedo aumentare la velocità, musica e onde danzano all'unisono incontro a un realistico muro di ghiaccio: il mio secondo, il padre, interrompe l'idillio spiegandomi che l'obiettivo sarebbe schivare gli iceberg e non corrergli incontro. Troppo tardi. Ma posso recuperare, attraccando da bravo capitano a Ellis Island nel mio secondo viaggio: la Statua della Libertà mi accoglie mentre calibro un avanti-molto adagio. Missione compiuta, posso cedere il comando alla coppia in arrivo cui toccherà il più veloce Sirio, cui furono fatali gli scogli sommersi di Capo Palos.
La navigazione sarà stata pure virtuale ma il coinvolgimento autentico quindi mi spiace abbandonare la cabina. Mi consolo sbirciando nella sala nautica, ove qualche indisciplinato ufficiale ha lasciato in disordine carte e registri di bordo. Qualche passo e giungo alla tuga degli eletti di prima classe del piro/panfilo «Yaza» del sovrano austriaco Francesco Giuseppe e poi del presidente Gronchi.

Scopro il suo passato: è stata anche camerino di Sinatra al Covo di Nord Est prima di approdare al Galata, ove è destinata a restare nella sala permanente del Piroscafo in cui non so quanto tempo ho trascorso. In effetti sono quasi stanca. I tempi e le miglia percorse tra oggetti ed emozioni mi hanno stremata, lasciandomi però in cambio una rinnovata passione: quella per le nostre storie di mare.

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