Hamburger addio, è il kebab il re della tavola

Oltre 200 esercizi in città, per un incremento del 350 per cento. I fast food americani, invece, rimangono 32. E arrivano gli italiani

Elena Jemmallo

«Uno con salsa piccante». Il primo cliente, al «Monte Ararat pizza kebab» davanti alla stazione Bovisa, a due passi dall’Università, entra alle 11.40. Zaino in spalla e volto preoccupato di uno che nel pomeriggio deve affrontare lo scritto di matematica, ha tutta l’aria di non volersi concedere più di cinque minuti per pranzare. «Se è presto per il pranzo? Sì, forse - risponde - ma tra tre quarti d’ora qua fuori c’è la coda». Difficile non credergli, anche se basta attraversare la strada e girare l’angolo per trovare un secondo kebab take away. Eppure, a quanto pare, c’è abbastanza clientela per entrambi.
Più che pizza o hamburger, il panino imbottito di carne arrostita allo spiedo solletica il palato di studenti con pochi soldi e di colletti bianchi in pausa pranzo in fuga dalle mense aziendali. Ma considerarla solo una moda, forse, non gli renderebbe giustizia. Basti pensare che a Milano la specialità gastronomica made in Turchia (ma non solo) si trova praticamente ovunque. Le rosticcerie gestite da turchi sono, ormai, oltre dueceneto, un numero più che raddoppiato nell’ultimo anno, mentre, tanto per fare un paragone, i McDonald’s in città sono «solo» 32, gli stessi da tre anni. E anche i praticamente onnipresenti ristoranti cinesi restano indietro, con una crescita tutto sommato costante ormai da anni. Quello del doner kebab, invece, è un fenomeno letteralmente «esploso» negli ultimi mesi.
Il proprietario del Monte Ararat pizza kebab, turco di Kahramanmaras, ha aperto il suo negozio nove mesi fa, ristrutturando due locali da un fabbrica dismessa. Con un passato da operaio in un mobilificio di Lissone e prima ancora in un negozio di abbigliamento, ha trovato nella ristorazione il suo vero punto forte. «Le cose vanno a gonfie vele - spiega - ho clienti praticamente a ogni ora del giorno, dalla tarda mattinata fino a notte fonda: finché entra gente, io resto aperto». Niente tavolini e posti a sedere, solo qualche mensola per appoggiarsi e mangiare in piedi. La scelta gastronomica non è certo ampia: panino o piadina, il condimento è lo stesso. Eppure, se non fosse per la musica pop turca di sottofondo assomiglierebbe in tutto e per tutto a fast food americano. Tabelloni luminosi con grande foto invitante dietro il bancone e menu completi di bibita a meno di 5 euro. Per i frequentatori più assidui, c’è anche la tessera punti: ogni cinque panini da 3.50 euro, uno è in regalo. E così a colpi di sconti per studenti e orario no-stop dalla mattina a notte fonda, il locale ha una media di 150 panini venduti ogni giorno e il suo gruppo di clienti fidati. Quasi tutti italiani. Tutti sedotti dalla carne bruciacchiata sullo spiedo e farcita con salse e verdure.
Anche se, a ben guardare, a rivendicare l’originalità della ricetta sono in molti: pachistani, egiziani, marocchini, tunisini e greci. A Milano ci sono anche locali gestiti completamente da italiani che vendono kebab, mentre già spuntano le prime catene, proprio nello stile dei più tradizionali fast food. Come l’«Istanbul Doner Kebab» di via Vitruvio, dietro la Stazione Centrale, uno dei primi take-away turchi in città. Aperto dal ’98, praticamente un pioniere, quando a conoscere il kebab erano veramente in pochi. I proprietari, visto il giro d’affari in continuo aumento, in appena tre anni hanno aperto altre cinque rosticcerie, dove si vendono solo specialità turche.


Il motivo di questa crescita a tre cifre? I diretti interessati non hanno dubbi: «La ricetta del doner kebab - ammette il proprietario del take away vicino alla Bovisa - è stata adeguata ai gusti occidentali: niente cetrioli, come piace a noi turchi, ma ho deciso di mettere le patatine in aggiunta». Patatine fritte, proprio come nei tradizionali fast food.

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