
Dunque: Meta ha finalmente il via libera, e inizierà a addestrare la sua intelligenza artificiale nella UE utilizzando le interazioni con l’AI e i contenuti pubblici condivisi dagli utenti adulti su Facebook e Instagram. È un bene? È un male? Probabilmente è inevitabile, e credo che sia tanto un bene quanto un male, ci arrivo tra poco. Zuckerberg dichiara che l’obiettivo è creare modelli “più europei”, capaci di comprendere meglio lingue, riferimenti culturali e sensibilità locali, e ci sta. Gli utenti, puntualizza, possono opporsi all’uso dei loro dati (gli sarà inviata una mail molto semplice e chiara, garantisce Zuck).
C’è da dire che negli Stati Uniti questo processo è già in atto da tempo, mentre in Europa si è prudenti nelle regolamentazioni (anche perché noi europei non abbiamo una nostra AI, possiamo solo mettere regole).
D’altra parte anche Grok, l’AI di Elon Musk integrata in X si nutre quotidianamente dei post degli utenti (ragione per cui Musk si è comprato da solo, incorporando X dentro X AI) e il principio è lo stesso: se è scritto online, può finire nel cervello della macchina, serve a addestrare meglio l’AI. Io non ne farei un discorso di tutela della privacy (come fanno molti, gli stessi che postano ogni loro momento su Instagram): in fondo parliamo di contenuti pubblici, e i dati sappiamo già che li concediamo in cambio di un servizio (altrimenti Whatsapp col cavolo che sarebbe gratis).
Sono più perplesso sull’eseguire il machine learning sui contenuti postati dagli utenti, farà bene all’AI? Perché addestrare un’intelligenza artificiale sui social significa addestrarla non solo sulla lingua e la cultura (renderla più vicina a noi), ma anche sulla confusione, le bufale, le ossessioni e le paranoie che circolano liberamente ogni giorno. Già chi usa normalmente le AI con un abbonamento si accorge quante volte deve verificare le informazioni: il machine learning non distingue da solo il vero dal falso. Se qualcosa è popolare, se viene ripetuto e diventa virale, l’AI lo registra come rilevante: vale per ciò che trova sul web, figuriamoci sui social. Se non c’è un filtro a monte, l’algoritmo lo digerisce e lo ripropone.
Insomna in teoria, queste AI “impareranno a parlare come noi”, in pratica rischiano di imparare a “credere” che la Terra sia piatta o che i vaccini causino l’autismo, perché sui social lo dicono in
tanti. Mi auguro che le AI che imparano dagli utenti non facciano la fine di molti utenti. Tuttavia Zuckerberg ci avrà pensato bene, anche perché è in concorrenza con tutte le altre AI, mica vorrà far diventare scema la sua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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