I nativi digitali? In realtà eravamo noi, e cioè coloro nati esattamente nel 1970. Un decennio prima, e da bambino ti ritrovavi già sessantottino senza accorgertene; qualche anno dopo, e di quella rivoluzione tecnologica fatta dei primi home computer e delle prime console te ne perdevi un pezzo. Tra l’altro c’è un bellissimo canale su Youtube che si chiama Archeologia Informatica, centinaia di video dedicati a tutte quelle macchine che sono entrate nella storia, e ascoltandone la storia ne scoprite altre che, da ragazzi, non immaginavate.
A mettere su questo progetto è Carlo Santagostino, brillante ingegnere informatico, imprenditore, espertissimo, grande affabulatore e divulgatore, non so quanti vecchi computer abbia a casa, credo tutti, e in tempi difficili come questi per l’editoria manda anche in edicola la rivista Retrocomputer. Anche lui nato nel 1970, va da sé.
Ascoltando i suoi podcast sono sprofondato nell’abisso della nostalgia, ma ho anche intrapreso un viaggio tra quelli che per me sono stati i computer e le console degli anni Ottanta. Riuscivo a averli tutti (quasi tutti, diciamo) perché tutti i miei compagni avevano il motorino, e io con i miei genitori barattavo sempre il motorino con un nuovo computer, una nuova console. Non ne soffrivo, perché non me ne fregava niente né dei compagni né del motorino, però fingevo, per farmi portare nuovamente al negozio di computer. Anche perché erano anni convulsi, divisi in fazioni.
Tutto successe in Italia nei primi anni Ottanta, esattamente tra il 1980 e il 1983. La mia prima console fu il Colecovision, che era indubbiamente la migliore, tra i molti giochi potevi giocare a Donkey Kong esattamente come era “al bar”, come si diceva allora, perché i cabinati erano o al bar o in sala giochi. Tuttavia c’era un bombardamento di pubblicità da paura, soprattutto della prima console arrivata in Italia, l’Atari 2600. La pubblicità dell’Atari era fatta così bene che ogni cinquantenne si ricorda lo slogan «Wow Atari, magari!». L’Atari 2600 aveva un grande vantaggio sugli altri: poteva convertire i propri arcade nella sua console, avendo l’esclusiva, e anche se le conversioni facevano schifo (basti vedere la versione di Pac Man per il 2600) ogni volta che vedevi quel bambino in televisione dire «Wow Atari, magari!», anche se sapevi di avere la console migliore, avevi voglia di comprarlo. E siccome io rinunciavo al motorino, mi presi anche il 2600. E anche l’Intellivision (della Mattel), perché erano tutti divisi tra ataristi e intellivisionisti, io non volevo rinunciare a nessuno dei due, così presi anche quello.
A livello hardware erano macchine molto semplici viste oggi, ma all’epoca ti lasciavano a bocca aperta (a parte quelli che avevano scelto il motorino). Si infilavano le cartucce, e si giocava a videogiochi con una grafica dove i pixel erano grandi quasi mezzo centimetro, ma ci sembravano realistici. Un po’ come doveva sembrare realistica la prospettiva di Giotto a quelli del Trecento, mentre oggi, beh, se non hai studiato storia dell’arte e sdilinquisci davanti a Giotto è solo suggestione.
Ma subito arrivarono i primi Home computer, che fecero fuori le console, e i contendenti erano sostanzialmente due: il Commodore 64 e il Sinclair ZX Spectrum (a 16 o 48 K). Tutti si divisero subito in spectrumisti e commodoriani (c’era anche l’Amstrad, in mezzo, ma gli amstradiani erano meno violenti, si facevano gli amstrad loro). Per salvare e caricare i programmi si usavano o un normale registratore di casa, oppure i primi floppy disk da cinque pollici, e per caricare un gioco di 20 k stavi anche cinque minuti a aspettare. I due pionieri erano Clive Sinclair, e per la Commodore il polacco Jack Tramiel, ebreo che sopravvisse ai campi di concentramento di Auschwitz. Arrivato negli Stati Uniti, dopo aver prodotto macchine da scrivere, si buttò sull’elettronica, all’inizio con le calcolatrici. Voleva un nome militare per la sua azienda, ma Admiral c’era già, anche il generale era preso dalla General Motors, e scelse il commodoro. Paradossalmente, pur avendo già a quindici anni l’idea di diventare uno dei più grandi scrittori italiani, la mia prima cosa pubblicata fu scritta in BASIC, su un Commodore 64, sulla rivista LIST, e quando vidi il mio listato pubblicato non credevo ai miei occhi.
Ma ogni compleanno e ogni natale c’era lo scambio truffa: «Mamma, papà, vorrei il motorino… ce lo hanno tutti!». «…è pericoloso…». «Ok, allora ci sarebbe il Sinclar QL». Il Sinclair QL ce l’avevo solo io tra chi conoscevo, era bellissimo, e di un’estetica moderna ancora oggi. Inoltre veniva venduto come fosse un computer a 32 bit, mentre ne aveva 16, ma era già un’altra rivoluzione. Unico problema: aveva un sistema di archiviazione inventato dagli ingegneri della Sinclair fatto da due micro cassette con nastro incorporate, le micro cartridge, che si bloccavano, le sputava fuori con il nastro tutto intricato, perdevi dati e programmi.
Da Carlo Santagostino ho appreso che poi ce ne fu una versione migliore, ma io ero già passato all’Atari ST, con mouse e schermo monocromatico, ti sembrava di avere un Apple Macintosh, oggetto dei desideri ma troppo costoso (molto più di un motorino), perché Steve Jobs puntava già alto (e con il tempo ha avuto ragione). Infine, nella seconda metà degli anni Ottanta, prima di passare agli IBM compatibili (quelli che oggi chiamiamo PC), non si poteva non avere il Commodore Amiga 500, bellissimo, potentissimo, per i tempi ovviamente. Jack Tramiel aveva già venduto la sua Commodore, dopo aver venduto milioni di computer, perché la sua filosofia era il basso costo, e il mercato dei computer si faceva sempre più competitivo per un pioniere come lui, e sotto una certa cifra non si poteva più scendere.
Di questi leggendari home computer e console, se vi sembrano pochi 16 k, 48 k, o 64 k, quando nel vostro Iphone potete avere anche un Terabyte, pensate che il computer dell’Apollo 11, che portò i primi uomini sulla Luna, aveva 4 k di memoria.
Ma fu proprio grazie agli studi tecnologici della NASA, all’accelerazione dovuta alla Guerra Fredda, alla competizione con l’URSS, che un decennio dopo arrivarono sulle nostre scrivanie quelle meravigliose macchine, direttamente dalla Luna. A proposito: ho 54 anni e non ho mai avuto un motorino. Ora mamma, l’avrai già capito, ma posso anche svelartelo senza mezzi termini: il motorino non l’ho mai voluto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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