"Ho fatto la spia dei russi E per amore ho lasciato tutto"

È stata la prima Bond girl italiana con Sean Connery: «L'unico vero 007 è lui. Ho nostalgia dell'Italia anni '60, semplice e meno ipocrita»

"Ho fatto la spia dei russi E per amore ho lasciato tutto"

«Lei è quello che ha scritto l'articolo su Psycho in salottino?» Il caporale Tatiana Romanova, la spia russa più famosa del cinema, è scomparsa dai radar, inghiottita dai misteri e dalle ombre, l'anno in cui i carri armati sovietici hanno invaso Praga. E ora che la sua voce ti interroga al telefono devi stare attento a come rispondi. «Perfetto, venga pure. Le do l'indirizzo...». Daniela Bianchi, il caporale Tatiana di 007 Dalla Russia con amore, è stata la prima Bond girl italiana, la più giovane e l'unica protagonista. Lei così poco italiana, bionda, elegante, algida e al tempo stesso candida, maliziosa e simpatica, conserva a distanza di anni una specie di magia, una presenza regale che parla con un po' di nostalgia di quel personaggio tenero e gentile. C'era in quei capelli raccolti dallo chignon, negli abiti color pastello, nei gesti ragazzini qualcosa che non ha smesso di incantare. Ancora oggi è nella Girls top ten di 007. Dopo anni di silenzio parla solo se interrogata. Da Daniela con amore.

È vero che da bambina sognava di fare la ballerina?

«Ero iscritta all'Accademia di danza. Per andarci bambina, visto che era dall'altra parte della città, prendevo un autobus, poi un tram, poi un altro autobus. Una faticaccia».

E poi?

«Poi sono diventata lunga lunga e la ballerina non ho potuto farla più».

Che peccato...

«Be', mica tanto. Proprio perché ero alta mi si sono aperte le porte della moda. A 16 anni già sfilavo. Allora ci chiamavano indossatrici non top model».

E piace così tanto che la selezionano per Miss Universo.

«Non avevo ancora 18 anni e per andarci, negli Stati Uniti, avevo bisogno del permesso di papà. Non firmò volentieri perché era un colonnello dei granatieri molto severo».

E come lo convinse?

«Ero figlia unica, mi adorava. Dissi: papà, non ci sarà una seconda occasione. Allora non era facilissimo viaggiare come oggi, non tutti se lo potevano permettere. Si informò, si raccomandò, si intenerì e disse sì. Per me fu la felicità assoluta».

La prima Miss Universo trasmessa in tv: fu un successone.

«E un'esperienza pazzesca. Ognuna di noi aveva una macchina con autista a disposizione, una chaperon di lingua madre e scorta di polizia. Tante piccole cenerentole trattate come principesse. Ci portarono in giro ovunque: New York, Washington, Philadelphia, Miami, file infinite di macchine piene di belle fanciulle che attraversavano le città. Facemmo irruzione anche all'Accademia dei cadetti di Annapolis».

Chissà i cadetti che contenti.

«Sì, ma anche noi».

Lei però non era Miss Italia.

«No, era Marisa Jossa, la mamma di Roberta Capua, anche lei poi diventata miss Italia. Ma non poteva e scelsero me. Hanno fatto male?».

Direi di no: fece colpo su tutti.

«Nella sfilata in abito da sera tutte si presentarono vestite un po' alla Via col vento. Io invece arrivai con un vestito di Schuberth, con una gonna di lino e un corpetto ricamato che era avanti di cinquant'anni. Ho vinto tutti i premi meno uno».

Premio della Stampa, Premio Eleganza, ma seconda. Non male.

«Solo due italiane sono arrivate così vicine al titolo. Io e Roberta Capua. Vede la coincidenze?».

Il ritorno a Roma fu trionfale: finì su tutti i cinegiornali.

«All'atterraggio guardo dal finestrino dell'aereo e vedo una ressa di fotografi. Mi dico: madonna, chissà chi c'è in aereo. Poi sono scesa ed erano per me».

Come diventa la spia russa più famosa di tutti i tempi?

«In maniera tutt'altro che avventurosa. Terence Young, il regista di 007, sfogliò un catalogo di fotografie e appena arrivò alla mia disse: stop! Tatiana Romanova è questa».

E il primo incontro con Sean Connery? Per la rivista New Woman è «l'uomo più sexy del secolo»

«Gli ho detto: ma lo sai, che sei più carino che in fotografia?».

Ah, così. E lui?

«E tu invece tu sei la donna più bella che io abbia mai visto».

Tipica risposta da James Bond.

«Dire che era bello è poco. Era affascinante, elegante, simpatico e aveva lo sguardo da birbante. Bond era tagliato e cucito su di lui».

Perché gli altri no? Roger Moore per esempio.

«Sì, bravo, ma rispetto a Sean aveva una faccia un po'da bietolone».

Pierce Brosnan no, però...

«Bello ma troppo ragazzino. Dài, Sean era un uomo...».

E Daniel Craig allora?

«L'ho conosciuto a Roma alla prima di Skyfall».

E quindi?

«Mah. A me più che Bond mi sembra Putin».

E se lo dice Tatiana Romanova...

«Di Bond mi piace tutto: il personaggio, la bellezza, la fisicità, questo modo di fare vincente. Ma l'unico Bond possibile è Connery».

Ma lei ha recitato anche con il fratello di Connery, Neil.

«Ah, il fratello era proprio negato, poverino. Una tragedia. Il film era una parodia di 007, lui era terribile».

Quindi è vero che Sean Connery è l'uomo più bello del mondo?

«Be', no. Per me è Cary Grant».

Si aspettava che Dalla Russia con amore fosse un successo?

«Nessuno se l'aspettava. Il primo 007, Licenza di uccidere non era piaciuto un granché. Con questo invece successe il finimondo».

Cioè?

«Alla prima il cinema Adriano di Roma era stato arredato all'americana con le luci, i flash dei fotografi. E durante il film, che allora era all'avanguardia, si scatenarono applausi a scena aperta come a un'opera lirica. Roba da non credere».

Com'era Sean Connery sul set?

«Un compagnone. La scena più drammatica del film, quella sul treno con il cattivissimo incaricato di ucciderci, l'abbiamo dovuta rifare venti volte».

E come mai?

«Mi ha fatto il solletico tutto il tempo. Non smettevamo mai di ridere».

E come andarono le riprese?

«Un disastro».

Come un disastro?

«Molte delle scene del film, comprese quelle di Venezia, le abbiamo girate in realtà nel nord della Scozia. Un freddo e io con un maglioncino leggero. E poi il disastro».

Vuoti il sacco, Tatiana...

«Per volare in uno di questi isolotti un giorno Terence Young precipitò con il suo elicottero. Proprio come in un film di James Bond».

E poi?

«Uscì senza un graffio dalle acque e disse: tutto bene, mi si sono solo bagnate le sigarette».

Anche questo è molto 007.

«Sì, ma anch'io ho rischiato di morire per James Bond...».

Davvero?

«L'autista che mi accompagnava si addormentò al volante infilando una curva a gomito. Quando gli gridai: Bill, ma cosa sta facendo? era troppo tardi. Hanno dovuto fermare le riprese per due settimane perché uscii dal fosso in cui eravamo precipitati con la faccia tumefatta. Ero inguardabile».

Ai tempi era una delle donne più desiderate del mondo. Chissà i corteggiatori...

«Sì, moltissimi. Ma mai avuto flirt con attori. Mi chiamavano la bianchina che manda in bianco».

E come li teneva a bada?

«Facilissimo. Bastava sparire».

Le scrivevano?

«Da tutto il mondo. Giappone, Stati Uniti, Olanda. Pile e pile di lettere. Mi mettevano i francobolli nelle buste o i dollari per pagarmi la lettera di risposta».

E ha risposto a tutti?

«E come facevo?».

E fino a quando sono arrivate?

«Fino all'anno scorso».

Scherza?

«Guardi è una cosa curiosissima. Mi scrivono da Los Angeles e mi dicono. Senta: vorrebbe firmarci ottocento fotografie? Ottocento? E che ci fate? Hanno fatto delle bustine di figurine e la più richiesta era la mia. Mi hanno mandato persino le penne per firmare».

Che simbolo incarna la Bond girl?

«Nessun simbolo. A seconda del film e delle epoche è una donna diversa. La mia Tatiana sembrava quasi un'oca giuliva: ero una spia che sognava il matrimonio, che voleva l'anellino al dito. Era una Bond girl un po' polentona».

Le sarebbe piaciuto fare la spia?

«Ma proprio per niente. Io non sono così avventurosa».

Sono tornati a parlare di lei quando è scoppiato lo scandalo delle spie russe in America. Anna Chapman detta «Anna la Rossa» è diventata una star tv.

«Ma allora non è più pericoloso come ai miei tempi fare la spia... Una volta se ti scoprivano eri morta, oggi invece fai la diva in tv».

Ha recitato con attori famosi. Come Richard Chamberlain.

«Era idolatrato da tutte le adolescenti americane. Era di una bellezza imbarazzante, ma lui non era interessato alle ragazze».

Vittorio Gassman.

«Fantastico. Un gran signore, un attore vero. Abbiamo girato delle scene nel deserto del Sahara, io mi sono quasi ustionata, lui aveva la sarta in tenda e chi gli preparava il the freddo. Maniaco ma simpatico».

Era giovane, bella, famosa ma lasciò tutto. Perché?

«Per amore. Ho conosciuto mio marito Alberto a 23 anni, siamo stati insieme per più di cinquant'anni».

Come l'ha conosciuto?

«A una cena dopo una sfilata. Pensare che non dovevo partecipare né all'una, né all'altra. Alla mia amica dissi: non vengo, sono stanca morta. E invece...».

Colpo di fulmine?

«Ma per niente. Sì, Alberto era carino, simpatico, per carità, ma io avevo altre cose per la testa. È stato molto tenace. Mi ha rincorso ovunque».

Alberto Cameli è stato un grande armatore genovese.

«Apparteneva a una famiglia genovese molto tradizionalista. Era scandaloso che un rampollo dell'alta società si fosse fidanzato con un'attrice. Ma mia suocera dopo avermi conosciuto mi disse: ma tu sei proprio un pan di casa. Fu un grande amore anche per la sua famiglia».

E come ha deciso di smettere?

«Mi disse: qua bisogna che ci parliamo perché così non va. Erano cinque anni che stavamo insieme e ci davamo appuntamento in giro per il mondo. A 26 anni lasciai. E molto difficile costruire una famiglia con uno in viaggio da una parte e uno in viaggio dall'altra».

Si è pentita di avere lasciato?

«Un po' sì».

Com'è cambiata la sua vita?

«Totalmente, è diventata una vita borghese, a volte mi stava stretta. Mi sarebbe piaciuto riprendermi un po' della mia vita di attrice ma quando uno esce dal giro finisce tutto».

Che rapporto ha con il tempo che passa?

«Che scocciatura. Che grande ingiustizia. Sa qual è la fregatura?».

Mi dica.

«La tragedia non è diventare anziani, è non sentirsi anziani per niente. Lo spirito, l'essenza di una persona, è sempre la stessa non quella carcassa che ti resta: la fregatura è quella».

Cos'ha pensato dello scandalo molestie nel cinema?

«Il divano del produttore è sempre esistito ma a me certe situazioni non sono capitate. Forse perché mi hanno sempre chiamato e non mi sono mai proposta io».

Però?

«Denunciare una molestia così grave è giusto, farlo dopo vent'anni mi pare già sospetto».

E della Deneuve che rivendica il diritto al corteggiamento?

«Mi pare sacrosanto. Se un uomo corteggia una donna capisce subito se lei gradisce o no. E lei sa come comportarsi se non gradisce, anche con un paio di ceffoni. Conserviamo la bellezza del corteggiamento che non è fatto di palpeggiamenti ma è qualcosa di mentale».

Ha nostalgia di quell'Italia?

«Moltissimo. Era un'Italia più semplice meno cattiva, meno ipocrita.

Ce la mettevi tutta per raggiungere obiettivi anche piccoli, avere un bel vestito era un successo. Si aveva voglia di fare, si voleva che le cose andassero bene per tutti. Persino dalla Russia con i film arrivava amore. Io in quest'Italia non ne vedo più».

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