Ho sognato una scuola col presepe

Questa notte ho fatto un sogno bellissimo.
Vincevo una somma favolosa al superenalotto (venti milioni e quattrocentomila euro) e ne utilizzavo la metà per acquistare un edificio storico da trasformare in una scuola (l'altra metà serviva a pagare le tasse imposte da Prodi). Una scuola di cui ero anche il direttore, molto stimato dagli insegnanti, che seguivano per filo e per segno le mie indicazioni.
La scuola aveva naturalmente un nome. Si chiamava Scuola Elementare Statale (sì, la parola «statale» era sottolineata) «Gesù Giuseppe Sant'Anna e Maria», e quando chiamava a raccolta gli alunni o segnava la fine delle lezioni, suonava le campane al posto della campanella.
Si trattava di una scuola dove dalla mattina alla sera (si osservava infatti il doppio e il triplo turno) gli alunni imparavano a conoscere gli episodi e i personaggi biblici più importanti, a mettere in scena episodi salienti della vita dei santi, a studiare il catechismo, ad ascoltare Radio Maria eccetera. Questo avveniva tutti i giorni, ma ancor di più nel periodo natalizio. In questo tempo, gli alunni cantavano canzoncine religiose in continuazione (specialmente «Tu scendi dalle stelle»), gli insegnanti si affacciavano alle finestre gridando a squarciagola: «Stiamo costruendo presepi a morire! Salite, salite!», si scrivevano letterine di Natale lunghe chilometri, si imparavano a memoria poesie su Gesù bambino, San Giuseppe, la Madonna, il bue, l'asinello, la stella cometa, i re Magi, i pastori, la lavandaia, l'oste, Benino, Ciccibacco (caratteristico personaggio del presepe napoletano), gli angeli, gli zampognari, l'ovaiolo, e perfino l'anacronistico cacciatore col fucile. Prima delle vacanze, gli scolari rappresentavano nella grande sala dell'istituto Natale in casa Cupiello di Eduardo, e La cantata dei pastori di Andrea Perrucci (sec. XVII).


Nella scuola «Gesù Giuseppe Sant'Anna e Maria», vescovi e cardinali andavano e venivano ch'era una bellezza, nessuno li fermava in ragione della laicità della scuola (come ha fatto il direttore di una scuola di Agliè, il quale ha dichiarato: «Se dovessi dare il consenso ad un rappresentante della Chiesa cattolica dovrei farlo anche per quello delle altre religioni»); crocifissi giganteschi pendevano alle spalle delle cattedre; professori, bidelli e segretari ostentavano simboli cristiani (io mostravo in petto un cuore di Gesù mastodontico); si pregava a voce così alta che tremavano i vetri delle finestre; si declinavano (per imprimerli bene nella mente) i nomi dei nemici del crocefisso scolastico: i maître à penser Gianni Vattimo, Miriam Mafai, Michele Serra, Dacia Maraini, Corrado Augias, Margherita Hack; si imparava a giudicare l'operato di Antonio Bassolino, che il 19 settembre - giorno onomastico di san Gennaro - va a baciare la teca contenente il sangue disciolto del martire, e nello stesso tempo permette la chiusura delle scuole in occasione del Capodanno cinese, della fine del Ramadan e della Pasqua ebraica; si conoscevano per quel che sono (molte) scuole islamiche, dove l'intolleranza si impara fin dai libri: «Tutte le religioni esistenti sulla terra non hanno alcun valore. L'unica vera è quella di Allah»; e altre cose belle.
Quando mi sono svegliato e ho capito ch'era solo un sogno, ci sono rimasto così male che mi è venuta la varicella.
mardorta@libero.it

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