Un altro trauma della storia, l'11 settembre, risvegliò la coscienza di alcuni cineasti impegnati in un instant-movie collettivo uscito poche settimane dopo la tragedia. Meno di vent'anni e il Covid ha imposto uno spostamento in avanti: fare cinema sì, ma con i limiti della reclusione, all'interno delle proprie mura, utilizzando mezzi e strumenti che oggi non sono più di fortuna ma stabiliscono nuovi e interessantissimi confini linguistici.
Da questo punto l'esperienza di Homemade, proposta su Netflix, è davvero interessante: 17 registi in quarantena per altrettanti corti (pochi superano i 10 minuti), a radunare il meglio del cinema d'autore contemporaneo da tutto il mondo: da Ladj Ly, rivelazione con I miserabili, a Paolo Sorrentino, da Pablo Larraín a David Mckenzie, da Maggie Gyllenhaal a Gurindner Chada. Alla base di questo cinema chiamato ad affrontare l'ennesima mutazione genetica, la consapevolezza che una buona idea può reggere qualsiasi storia, anche se realizzata con l'iPhone, con una camera a mano o addirittura con le foto di whatsapp. Saltano le gerarchie tecniche e ne nascono utili suggerimenti verso la fiction di domani, che non avrà più bisogno di grandi sale e sarà veicolo per una nuova estetica dal gusto frizzante e attuale, da poter fruire su qualsiasi supporto, meglio se piccolo.
Fin qui tutto bene. Tralasciando la discontinuità tra i vari filmati, che comunque si vedono con piacere, mi pare che la chiave di lettura la offra il commento sui titoli di coda del lavoro di Ladj Ly: si sa che sono tempi difficili e tristi, ma per chi saranno duri veramente? La solitudine e il distanziamento sociale colpiscono chiunque, eppure in almeno metà dei prodotti si evincono situazioni estremamente edulcorate, grandi case con ampi giardini, bellissimi bambini biondi e creativi che magari hanno due mamme, nessun papà, tranne quella cui è stato insegnato a cantare Bella ciao (si chiama condizionamento ideologico).
Per chi insomma ha dovuto fronteggiare i reali contraccolpi della pandemia, in termini di perdite economiche, il buonismo di Homemade suona stridulo. Inevitabili gli scivolamenti nei luoghi comuni, nell'ambientalismo di maniera, nell'enfasi della cucina della nonna (se etnica meglio), nelle nuove famiglie con genitori a e b: il dizionario di una specie umana che reagisce sempre in maniera composta e creativa, naturista e hipsterona, malvestita e ricca.
Se però ci liberiamo dalla solita litania del cinema d'autore, Homemade funziona perché apre nuove porte, esattamente come le ha aperte Black
Mirror e prima ancora le esperienze digitali. Privo degli autocompiacimenti, e diversi episodi lo sono, l'esperimento non solo funziona, ma certo sta indicando la strada del futuro che nel frattempo è diventato presente.
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