Per Manuel Zelaya, il presidente honduregno deposto dalle forze armate nello scorso giugno, c'è qualche possibilità in più di essere reinsediato nel proprio incarico.
Il governo provvisorio di Tegucigalpa, guidato da Roberto Micheletti, sta sottoponendo la proposta del presidente costaricense Óscar Arias, che prevede un reincarico condizionato di Zelaya, alle istutuzioni del Paese centroamericano. Da parte sua, l'esercito guidato dal generale Romeo Vásquez ha sottolineato la «propria subordinazione all'autorità civile» e «il rispetto della Costituzione».
I motivi per un cauto ottimismo, però, finiscono qui. I sostenitori di Zelaya, attualmente rifugiatosi in Nicaragua, temono che si tratti di un trucco per far rientrare in Honduras il presidente e porlo in stato di arresto. Inoltre alla frontiera tra Honduras e Nicaragua si sono assiepati numerosi partigani del presidente deposto e, anche se l'esercito ha l'ordine di non sparare, si temono altri incidenti dopo la morte di Pedro Magdiel, un manifestante ucciso alla frontiera.
A breve Zelaya, che si tiene in contatti con tutti i leader sudamericani incluso il brasiliano Lula e il messicano Calderón, si recherà negli Stati Uniti. Ma non sarà una missione semplice.
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