I blogger chiedono la verità per la morte del giovane Khaled

Il giovane è stato massacrato di botte in un internet caffè in Egitto. Per i poliziotti era un trafficante di droga. Familiari e amici negano. Si muovono anche gli Usa

I blogger chiedono la verità 
per la morte del giovane Khaled

Milano - Quella che segue è la triste storia di un giovane di 28 anni morto dopo essere stato arrestato dalla polizia egiziana. Khaled Mohammed Said la settimana scorsa ha avuto la brutta idea di protestare contro quelli che considerava dei veri e propri soprusi da parte dei poliziotti. Gli agenti sarebbero intervenuti con la mano un po’ pesante e alla fine il volto del giovane, fotografato ormai senza vita dai genitori, era irriconoscibile dalle botte ricevute. Le autorità hanno minimizzato l’accaduto, la polizia locale ha fornito una versione in cui si puntava il dito contro le responsabilità del giovane. I suoi amici non l’hanno mandata giù ed hanno scatenato una protesta davanti al ministero dell’Interno. Il primo a parlarne è stato un blogger italiano, Luca Bocci. La notizia solo dopo 36 ore è stata rilanciata dall’Associated Press e dalla stampa internazionale. 

La reazione dei blogger La morte di Khaled ha scatenato una reazione dei blogger sulla rete, ed ha provocato manifestazioni di protesta ad Alessandria e al Cairo, rinfocolando le critiche alla legge sull’emergenza, i cui poteri sono stati prorogati fino al 2011 proprio il mese scorso.

Cosa è accaduto La sera di martedì 8 giugno Khaled si trovava, con alcuni amici, in un internet caffè nel quartiere “Cleopatra” di Alessandria d'Egitto. Alcuni agenti di polizia entrano nel locale per fare dei controlli (a quanto pare perché qualcuno ha segnalato il non rispetto delle pratiche d’identificazione delle persone che si collegano alla rete). All’improvviso scoppia il diverbio tra il giovane imprenditore e gli agenti, forse per una frase “pesante” che un poliziotto avrebbe rivolto a un suo amico.Secondo un'altra versione, negata dalla polizia, il ragazzo è stato picchiato a morte dopo essersi rifiutato di farsi perquisire da agenti in borghese, perché in possesso di un video che avrebbe mostrato il coinvolgimento di agenti di polizia in un affare di droga. La situazione presto è degenerata e Khaled sarebbe stato preso a calci e pugni, sbattuto con la testa su un bancone di marmo e, alla fine, portato in commissariato. Dopo qualche ora un’auto si è avvicinata alla casa della famiglia di Khaled e ha scaricato il corpo senza vita del giovane proprio di fronte al portone.

La versione della polizia Secondo i rapporti della polizia Khaled sarebbe stato un corriere di droga inseguito da ben quattro mandati di cattura. E la sua morte sarebbe stata causata dall’ingestione di una busta intera di stupefacenti. La versione è stata riportata in questo modo da quasi tutti i giornali egiziani, che però hanno dedicato alla vicenda solo pochi trafiletti. Un banale fatto di cronaca nera.

Cosa dice la famiglia I familiari e gli amici di Khaled non si danno pace e vogliono che sia fatta piena luce sulla vicenda. Negano con tutte le forze che il loro caro fosse uno spacciatore e danno una versione dei fatti completamente diversa. Hanno organizzato una protesta ufficiale davanti al ministero dell’Interno, cercando di far arrivare la notizia all’estero, bucando in qualche modo la censura (questi sono i video della protesta).

La protesta su internet E' solo grazie al tam-tam della rete che si parla di questa brutta storia. Bocci, che per primo ne ha parlato in Italia sul suo blog, dice che la segnalazione gli è arrivata da alcuni amici egiziani, che l'hanno pregato di dar loro una mano per rompere il muro di gomma dell'informazione. Intanto sono più di 170mila le persone che hanno aderito, su facebook, al gruppo "My name is Khaled". E le organizzazioni umanitarie egiziane, insieme ad Amnesty international, chiedono un'inchiesta che faccia piena luce sui fatti. E' intervenuto anche il Dipartimento di Stato Usa: il portavoce Philip Crowley ha sollecitato un'indagine "coerente con le accuse serie che sono state mosse".

"Chiediamo - ha aggiunto Crowley - alle autorità egiziane di procedere contro chiunque risulti responsabile". Lentamente, molto lentamente, la comunità internazionale si sta muovendo. Grazie soprattutto alla Rete. Che qualcuno, però, vorrebbe censurare.

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