I Caravan, mitici «poeti di Canterbury»

Sono stati una delle formazioni guida del progressive rock: dopo la sosta degli anni Ottanta, ritrovano l’ispirazione

Luca Testoni

In un'epoca di consumo fast food e digitale della musica, fa piacere scoprire che in un piccola rassegna di provincia, come può essere quella della Festa della Birra di Trescore Balneario, si trovi spazio per un misconosciuto di storia del rock. Vedi gli ospiti odierni (inizio concerto alle 21, con ingresso libero): i Caravan.
Di sicuro, una delle formazioni guida del progressive-rock britannico e, nello specifico, di un sound soffice e romantico tipico di quel fitto intreccio di artisti e band che hanno popolato la cittadina di Canterbury tra la fine degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta. Un suono «innamorato» del jazz, del rock e della psichedelia, ma nello stesso tempo barocco e surreale, fluido e cromatico.
Andatevi a ad ascoltare il doppio cd antologico del 2000 Where But For Caravan Would I?, che in 21 pezzi e due ore e mezza di musica ha il merito di ricostruire un'attendibile storia del gruppo nel suo periodo migliore (i primi sei album incisi per la Decca), e rimarrete affascinati dalla dolcissima bellezza che quella musica continua a conservare.
I Caravan erano «i poeti di Canterbury, teneri visionari psico-prog», per dirla con le parole di Riccardo Bertoncelli, uno dei numi tutelari della critica rock tricolore. «Anche quando si allungavano oltre i dieci, i venti minuti, le loro erano fondamentalmente canzoni con belle armonie e un forte grado di orecchiabilità». Le contrassegnava la voce malinconica di Pye Hastings e gli dava nervo l'organo di Dave Sinclair, grande marchio distintivo, timbro fra i più classici del british rock anni '70.
La «partita» Caravan si giocava fondamentalmente fra quei due, con uno schema classico: un'introduzione romantica e trasognata e, poi, uno sviluppo con ritmi più accesi, grazie all'ingresso dell'organo.
La tanto favoleggiata scuola di Canterbury si è tuttavia dissolta nel giro di poco anni. Ci rimangono la copiosa eredità discografica dei Soft Machine di Robert Wyatt e, manco a dirlo, quella dei Caravan.
Questi ultimi, venuta meno l'ispirazione, si sono fermati per tutti gli anni Ottanta, per poi rimettersi in pista una decina di anni fa, tornando anche a frequentare le sale d'incisione. Considerato che hanno pubblicato il primo disco nel 1968, fanno la bellezza di 37 anni di attività. Anche se il cantante-chitarrista Pye Hastings e il batterista Richard Coughlan, due autentiche colonne del gruppo, suonavano già nei leggendari Wilde Flowers nell'autunno 1965, e dunque il computo si allunga.


Proprio Hastings e Coughlan sono gli unici superstiti della formazione originale. Oggi troviamo al loro fianco, Jan Schelhaas (tastiere), Geoffrey Richardson (viola, flauto e mandolino), Jim Leverton (basso) e Doug Boyle (chitarra).

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