Torna la piazza nel nome di Ramy. Ieri, dopo gli ultimi filmati diffusi relativi all'inseguimento da parte dei carabinieri del 19enne morto al Corvetto, si è tenuto un corteo promosso dal collettivo Rebelot. «Giustizia per Ramy Elgaml», lo slogan della protesta partita dalla Darsena e arrivata in piazzale Lodi. E per domani è in programma un'altra manifestazione.
«Ramy è stato ucciso dalle forze dell'ordine, è l'ennesima vittima di un omicidio di Stato», ha detto al megafono una delle organizzatrici. «Molte persone in queste settimane hanno provato a strumentalizzare il fatto che la moto non si fosse fermata al controllo. Un'inchiesta del Tg3 ha chiarito tutto: già sapevamo che quella moto è stata appositamente fatta schiantare, che non erano necessari otto chilometri di inseguimento, ma bastava prendere una targa. Già sapevamo che se sei ragazzo egiziano che vive nei quartieri periferici la polizia non ti darà vita facile. La parola sicurezza - hanno aggiunto i manifestanti - è stata usata allo stremo, abusata. Per noi sicurezza è non essere uccisi dai carabinieri, unica colpa il colore della pelle». Al corteo hanno partecipato la fidanzata e il fratello del 19enne. Appunto il fratello ha preso la parola al megafono. «Grazie per essere venuti tutti per mio fratello - ha detto -. Voglio solo che sia una cosa tranquilla, senza casini e con tutto rispetto. Perché se succede qualcosa di male, noi ci distacchiamo. Col casino non si risolve nulla. Vi ringrazio e spero sia una cosa tranquilla». Il corteo è stato pacifico, con striscioni e qualche fumogeno. Nada, la ragazza della vittima, ha aggiunto: «Grazie per tutto quello che fate per Ramy, senza di voi saremmo tutti persi. Ci tenevo a dire che a me non importa cosa stavano facendo prima dello schianto, Ramy non meritava quella fine e Fares non merita di stare a casa a piangere il suo amico. Ramy vive e vivrà per sempre, non solo dentro di noi, ma Ramy c'è sempre, ci sta guardando anche adesso. Ramy ha camminato e camminerà per sempre al nostro fianco. Ramy vivrà per sempre. Ti amo Ramy». Dopo il suo discorso i partecipanti alla manifestazione hanno gridato più volte il nome del ragazzo.
Ieri intanto in Procura si è tenuto un vertice tra gli investigatori dell'Arma e i pm titolari dell'inchiesta sull'incidente del 24 novembre scorso in cui ha perso la vita il giovane del Corvetto. Nel tardo pomeriggio, in una stanza del quarto piano del Palazzo di giustizia, si sono dati appuntamento il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, con i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, per fare il punto con i vertici milanesi dei carabinieri. I militari indagati sarebbero almeno quattro e per almeno uno i pm starebbero valutando l'accusa di omicidio volontario con dolo eventuale.
Dal padre di Ramy Elgaml sono venuti «grande senso di responsabilità e grande senso civico», ha detto sempre ieri al Tg3 il comandante provinciale dei carabinieri, il generale Pierluigi Solazzo, che ha espresso «tutto il cordoglio dell'Arma per quanto è successo, per la malaugurata scomparsa di Ramy».
Mentre Franco Gabrielli, consulente alla Sicurezza del sindaco, a Radio 24 ha dichiarato che «quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento perché c'è pur sempre una targa, un veicolo», ma non serve nemmeno «l'eccessiva criminalizzazione» delle forze dell'ordine».
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