I cocktail di 007, mai dire di no

Roberta Corradin

Ci sono momenti che una si sente una vera Bond Girl. A essere sane di mente, quei momenti durano pochissimo, giusto il tempo di scrivere questo pezzo imboscate su una spiaggia mentre il mitico “M” di fleminghiana memoria vi crede rintanate sotto un neon tubolare in uno sgabuzzino alla periferia di Milano. Va da sé che il momento Bond si deve accompagnare per lo meno a un Mojito, che l'ineffabile James degustava nell'ultimo film della serie - arduo dire se il successo del cocktail abbia fatto seguito a quello del personaggio o se la produzione abbia maliziosamente cavalcato una moda nascente.
Ci sono altri momenti in cui il lettore non capisce chissà cosa si è bevuta l’articolista per credersi una Bond Girl, e perché poi adesso ce l'ha con James Bond, che a proposito, con quel nome che fa assonanza con bondage, sarà mica matta da legare? Ci sono matti da legare, senza offesa e con tanti complimenti, che si ostinano ad avere dei sogni che diventano idee che diventano progetti che diventano cose fatte, così belle e divertenti che finiscono sui giornali. Due matti così sono Luca Bonacini e Pietro Carlo Ferrario. Il primo è l'anima del Caffè dell'Orologio di Modena; il secondo è un giovane avvocato suo concittadino, «vero» appassionato dei film di Bond. Ferrario comincia a raccogliere materiale su ciò che lo 007 beve e mangia nei cinquantadue romanzi e nei ventitré film. Per citare solo alcuni dei cocktail risultanti: Vodka Martini, Bourbon Whiskey, Black Velvet, Americano, Stinger, Old Fashioned, Negroni, Vesper Martini, che poi è l'unica ricetta inventata dallo 007 in persona. James Bond la detta al barman in Casino Royale del '54, per festeggiare l'incontro con l'agente della CIA Felix Leiter, che diventerà il suo miglior amico. Il doppio nome del cocktail illustra le due anime di James: spaccone, lì per lì lo chiama Molotov, in omaggio alla bomba che ha fatto saltare in aria due bulgari al posto suo. Poi, gentleman sensibile al fascino femminile, lo ribattezza in omaggio alla prima Bond Girl della storia, Vesper Lynd.
Ogni cocktail ha la sua genesi e ogni genesi è divertente. Ferrario propone a Bonacini il frutto delle sue ricerche e i due intuiscono subito che c'è di che costituire un'associazione che riunisca, per cominciare a livello nazionale, ma più in là si passerà la frontiera, i locali in cui sono ambientate le avventure dello 007.
L'associazione Shaken, not Stirred nasce a Modena un anno fa e riunisce i trenta Bond Point Classic, dall'Harry's Bar di Venezia al bar dell'Hotel de Russie a Roma, passando per il Cristallo di Cortina, il Mulassano di Torino, fino a Palazzo Sasso di Ravello, anche se è senz'altro Venezia la città bondiana per eccellenza: i set comportano pranzi al Quadri, cocktail all'Harry's Bar, colazioni da Cipriani alla Giudecca, cene al Gritti, colluttazioni al negozio Venini, e persino una puntata al convento di San Nicolò, venezianissimo ma che, per squisite esigenze di produzione, fu spacciato come sede messicana dell'ufficio di M.
I matti da legare, strada facendo, si attraggono e si danno man forte, costituendo una sorta di massoneria fuori dai gangheri. Mauro Lotti, barman storico, oggi consulente della Martini, viene proclamato mentore dell'avventura. Una trentina tra giornalisti, scrittori, intellettuali, scrive dei luoghi di James Bond per una guida che uscirà a ottobre, distribuita da Rizzoli, dal titolo a tutt'oggi provvisorio Mai dire mai a un Martini Dry. Suggestioni letterarie ma non solo: anche luoghi, indirizzi, nomi di barman che si sono guadagnati sul campo una menzione d'onore, anche se la collocazione in cui operano è diversa da quella classica dei grandi bar degli hotel a cinque stelle di lusso. Poi, se volete, anche ricette. Il Vesper Martini, per cominciare dall'inizio, potete farlo anche a casa, shakerando tre dosi di Gordon's gin, una di vodka, mezza di kina lillet blanc - dicesi vermouth prodotto nella zona di Bordeaux, chicca di difficile reperimento in Italia che vi consentirà un supplemento di conversazione per descrivere le inenarrabili vicissitudini che l'approvvigionamento ha comportato. Il tutto si shakera e si serve in una grande coppa da champagne, guarnito con una abbondante scorza di limone. Semplicissima ma di grande effetto la Vodka 007, per la quale si può immolare una citazione direttamente da Moonraker di Fleming, prima uscita 1955: «Bond prese un pizzico di pepe nero e lo lasciò cadere sulla vodka. Lentamente il pepe calò verso il fondo del bicchiere, lasciando in superficie solo alcuni granelli che Bond tolse con la punta di un dito. M lo guardava con un'espressione interrogativa e leggermente ironica. «È un sistema che imparai dai russi quando mi assegnaste all'Ambasciata di Mosca» si scusò Bond. «Spesso c'è un mucchio di alcool amilico sulla superficie di questa roba; perlomeno c'era quando la distillazione non era molto raffinata. È una sostanza velenosa. In Russia, dove circola molto liquore grezzo è una cosa normale mettere un po' di pepe nel bicchiere; serve a trascinare sul fondo l'alcool amilico».
Oltre alle ricette storiche, ci sono le nuove. Belli i Dessertini, cocktail dolci del Bond Barman Domenico Maura del Glass Bar al Marriot Hotel di Fiumicino: il suo Tiramisu Martini farà capitolare anche un'astemia.

Provare per credere: in un bicchiere da Martini si pigia una base di savoiardi inzuppati di Kahlua e si copre con la crema del tiramisù allungata con panna liquida shakerata. Si serve spolverato di cacao, con tanto di cucchiaino perché l'alcol del Kahlua non viva invano. Le Bond Girls, detto per inciso, danno il meglio di sé quando non sono perfettamente sobrie.

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