I CONTI DEL BARONE RAMPANTE

Un lettore dell'Unità ha scritto al sito Internet del suo giornale: «Con la nuova finanziaria finalmente potrò comprare un frigorifero nuovo. Però non avrò più nulla da metterci dentro». Repubblica ha aperto un forum on line che in poche ore è arrivato a 109 pagine di commenti e lamenti. Molti arrivano da chi ha votato Prodi. Come «l'elettore di sinistra schifato e indignato» che in un messaggio inviato ieri alle 15.38 sbotta in maiuscoletto: «La Finanziaria? Siamo al ridicolo. Avevamo un'occasione unica. E invece cosa facciamo? Una c...ata pazzesca».
Le redazioni dei giornali sono prese d'assalto. Lettere, telefonate, mail. I sindaci, a cominciare da quelli dell'Unione, Veltroni e Cofferati in testa, si ribellano. Sergio Chiamparino, da Torino, minaccia di portare a Palazzo Chigi le chiavi della città. Chi sente da vicino il polso del territorio non ha dubbi: il mal di pancia dilaga. E alla fine è inevitabile dar ragione a quell'altro elettore dell'Unione che, sempre sul sito di Repubblica, si chiede: «Ma i nostri parlamentari dove vivono? Sugli alberi come il Barone rampante?».
Ecco: forse è la definizione giusta per la Finanziaria. La Finanziaria dei Baroni rampanti. Ma sì: a forza di parlare di querce, ulivi e botanica assortita, i leader del centrosinistra hanno finito per innamorarsi degli alberi. Si sono arrampicati lassù. E hanno perso completamente contatto con quello che succede sotto. Cercano di coprire le loro gesta con un manto di nobiltà, ma il realtà non riescono a essere altro che Baroni rampanti. Soprattutto baroni. E per di più con i conti che non tornano.
Perché la manovra è criticabile sotto tanti punti di vista: per la visione marxista che la sostiene e ispira un'ottusa redistribuzione del reddito; per il desiderio di vendetta sociale che traspare dall'attacco alle piccole aziende e ai lavoratori autonomi; per l'appiattimento sulle posizioni più retrive del sindacato; per l'assenza di misure strutturali di riforma; per l'aumento della pressione fiscale a fronte di una totale latitanza di tagli agli sprechi; per il clientelismo che si nasconde negli aiuti agli amici grandi industriali (Fiat e Merloni, tanto per non fare nomi); e da ultimo persino per la presa per i fondelli dei ministri che annunciano entro due anni la restituzione del maltolto. Ammettendo, in pratica, che di maltolto, e dunque di rapina, si tratta.
Su ognuno di questi mortali difetti si potrebbe scrivere un piccolo trattato: ma c'è un elemento che li accomuna. È la mancanza assoluta di contatto con il Paese reale. È come se la sinistra a forza di distorcere i fatti a fini strumentali, ormai non fosse più in grado di vedere la realtà. E dunque di governarla. Fateci caso: dimostrano di conoscere l'Italia meno di quanto uno scolaro di seconda elementare conosca la teoria dei polinomi ortogonali.
E allora diventa patetico lo stupore del ministro Padoa-Schioppa che esce dallo sgabuzzino dei numeri, va in Parlamento e si meraviglia come un bebé: «Ma perché i ricchi si lamentano?».

Già: perché? Forse, signor ministro, perché lei e i suoi compari considerate ricco chi ha 25mila euro di reddito l'anno? Che ne dice? E soprattutto: dove l'ha visto? Ah già: lassù sull'albero. Baroni rampanti che non siete altro. Ma attenti perché a forza di non mettere i piedi a terra sapete cosa capitò al Cosimo di Calvino, no? Passò una mongolfiera e se lo portò via.

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