L'industria italiana delle costruzioni sta bene, grazie ai mercati stranieri però. In tre anni il portafoglio estero delle aziende è raddoppiato. La buona notizia ne contiene una preoccupante. Perchè i nostri costruttori vanno oltre confine per compensare la mancanza di lavoro in patria, spinte dalla crisi e per sottrarsi all'eccessiva burocrazia di casa.
«A fine 2009 il fatturato estero rappresenta oltre la metà, il 54%, del fatturato globale - spiega Paolo Buzzetti, presidente dell'Ance - una crescita importante, ma che nasconde un altro lato della medaglia. Le imprese di costruzione vanno all'estero in parte a causa della crisi, ma soprattutto a causa di un sistema burocratico che in Italia è completamente bloccato, oltre che per la incapacità di investire le risorse che si hanno».
Buzzetti aggiunge che nel nostro Paese stanno diminuendo sempre di più i bandi e i lavori pubblici, non ci sono più fondi e aumenta la disoccupazione, con oltre 250 mila posti di lavoro persi negli ultimi due anni.
Il rapporto sulla presenza delle imprese di costruzioni italiane nel mondo, presentato al ministero degli Esteri dall'associazione italiana dei costruttori edili, contiene dati molto chiari: nel 2009 il fatturato estero delle 60 aziende prese in considerazione (comprese tutte le maggiori), ha superato i 7,2 miliardi di euro con un aumento su base annua del 13,8%. E questo nonostante la crisi internazionale.
Il risultato è buono, ma il fatturato realizzato in Italia, 6,2 miliardi, è diminuito del 10,2%.
Il portafoglio di commesse acquisite all'estero è invece consistente: più di 35 miliardi con un aumento annuo di 6,7 miliardi. In particolare, le nuove commesse acquisite a Panama (per il sistema chiuse del nuovo canale) è di oltre 2,3 miliardi. Ci sono poi quelle in Polonia (1,2 miliardi) e in Svizzera (960 milioni).
La presenza all'estero dei nostri costruttori vede in prima posizione il sud e centro-america (33% delle commesse totali), seguiti da nord-africa (16%), dai paesi Ue (14%) e dai paesi europei extra Ue (13%).
Quelle che predominano di gran lunga sono le opere legate alle infrastrutture, in particolare ferrovie e metropolitane (36%), impianti elettrici e opere idrauliche (25%), strade e ponti (13%).
Cresce anche il portafoglio di concessioni acquisite all'estero dalle imprese italiane, un'attività che consente in genere di stabilizzare i fatturati e di accrescere i margini.
I valori a bilancio ammontano a 6,5 miliardi di euro con un aumento su base annua di 934 milioni.
Nel corso del convegno Buzzetti fa l'esempio di Impregilo che ormai realizza all'estero il 75% del fatturato per un valore di oltre 1,7 miliardi di euro, sono
Seguono, nell'ordine, Astaldi, Salini e Gella, tutti con più di 500 milioni.
L'Italia è anche il Paese con il maggior importo di gare vinte tra quelle finanziate dalla banca mondiale. Le nostre imprese di costruzione, come abbiamo detto, affrontano la crisi investendo sempre più oltre confine vista la profonda debolezza del mercato italiano delle opere pubbliche. Ma pesa molto anche la burocrazia che continua a bloccare le risorse.
I costruttori dell'Ance lanciano un allarme, spiegano che nel 2009 il settore edilizio ha registrato un -10,2% di fatturato interno, compensato da un +13,8% di fatturato prodotto all'estero.
Il rapporto 2010 sulla presenza delle imprese di costruzione italiane nel mondo ha coinvolto 40 aziende, piccole, medie e grandi.
Buzzetti ha lanciato in quest'occasioen anche un appello sull'edilizia scolastica. «Abbiamo un progetto di investimenti privati già pronto e ci piacerebbe che, tra le tante idee che circolano, seppur validissime, venissimo ascoltati anche noi».
Il presidente dell'Ance precisa che i costruttori «sono in grado di indicare la strada per far intervenire ingenti risorse private nella ristrutturazione di edifici pubblici» e hanno «messo a punto un sistema per premiare l'imprenditore e ripagarlo della spesa che fa nel ricostruire un edifico fatiscente per la scuola».
Cose che l'Ance ripete, afferma Buzzetti, da un anno e mezzo. «Ci piacerebbe essere ascoltati».
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