I diritti umani salgono in cattedra

Il PEN Club, che riunisce scrittori di tutto il mondo e che in Italia è presieduto da Lucio Lami, si adopera da anni per la difesa dei diritti umani di autori, poeti e giornalisti. Nonostante gli enormi progressi ottenuti nel corso dei secoli, «censura» spesso significa ancora vera e propria repressione. In ambito culturale - lo insegna anche la nostra storia occidentale costellata di censure e di roghi - giornalisti e scrittori di tutto il mondo continuano ad essere incarcerati per il reato di opinione, a conferma che pensieri e parole fanno ancora paura.
In tema di reati d’opinione, il PEN Club International ha istituito la Cattedra dei Diritti Umani dello Scrittore che ogni anno promuove una serie di iniziative di pressione nei confronti dei governi, con azioni legali a difesa degli imputati-scrittori e di presenza nelle aule giudiziarie durante i processi (come è accaduto all’inizio di marzo in Turchia quando alla sbarra erano uno scrittore e un editore), con il sostegno economico delle famiglie, con la denuncia, la promozione di conferenze, la creazione di cattedre e, non da ultimo, con la pubblicazione di un «Case List» annuale, cioè di un fascicolo che riporta i casi ancora aperti, continente per continente e Paese per Paese, di violazione dei diritti umani per reati di opinione.
Quest’anno la Cattedra, grazie al patrocinio della Provincia di Milano e della Fondazione Cariplo, si riunisce sabato prossimo a Milano (Centro Congressi, Palazzo delle Stelline, Corso Magenta 61) dove, fra i casi presi in considerazione da tutto il mondo, spicca quello della Turchia. Fra i relatori di sabato ci sarà anche Oya Aydin, avvocatessa turca che si sta occupando di diversi casi aperti. Ne ricordiamo due. Il primo riguarda i suoi assistiti, i docenti universitari Kaboglu e Baskin Oran che erano stati chiamati a far parte del neonato Comitato Consultivo Nazionale per i Diritti Umani. Ora è accaduto che le loro relazioni (riguardanti il mancato rispetto di un accordo sui diritti dei curdi) non sono piaciute alle autorità, con l’immancabile strascico di cause giudiziarie e indagini personali nei confronti dei due.
L’altro caso riguarda il giornalista e docente universitario Murat Belge (del quale in questa pagina riportiamo la relazione che presenterà a Milano) che ha definito senza mezzi termini un «genocidio» quello perpetrato dall’esercito ottomano nei confronti degli armeni nel 1915.

E la causa impugnata nei suoi confronti si è risolta due giorni fa con un’assoluzione. Anche questo costituisce un nuovo terreno di confronto per il progresso della Turchia. Un nodo da sciogliere per l’Europa e una battaglia di civiltà per il PEN.
lorenzo.scandroglio@tin.it

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