"Noi lavoratori con partita iva, genitori di bambini disabili, non abbiamo ditti. La differenza di trattamento è la cosa che più fa male. Ci alziamo alle sei del mattino come tutti gli altri, paghiamo le tasse come tutti gli altri, ci prendiamo cura dei nostri figli, ma non siamo considerati cittadini di serie B proprio come i nostri figli". Renata B., 61enne di Monza, è stanca. Da trentuno anni accudisce sua figlia Marta, che dalla nascita presenta un ritardo cognitivo e motorio di natura sconosciuta, definito pure come una forma non conclamata di autismo, senza alcun aiuto.
Legge 104 non applicata ai lavoratori partite Iva
Nel 1999 ha dovuto chiudere il suo negozio per dedicarsi alla famiglia. "Con due bambini non potevo fare altrimenti. Marta aveva bisogno di tante attenzioni e non si trovava bene con nessuna baby sitter. La scuola era ed è una lotta quotidiana. In più mio figlio piccolo stava crescendo e non volevo sentisse in alcun modo il peso della situazione". Il marito, che di anni ne ha 63, ha continuato a lavorare come rappresentante, pure lui con partita iva. Ora che Renata non ce la fa più a gestire da sola la figlia, che oramai ha il fisico di una donna adulta, ha bisogno di un aiuto da parte del marito. Ma lui esce da casa al mattino e torna a tarda sera. Nonostante l'età e quarant'anni di contributi versati non può andare in pensione. È un lavoratore autonomo, non può godere della Legge 104 che permette ai dipendenti, che accudiscono un disabile, di pensionarsi con due anni di anticipo (se non hanno usufruito prima dei tre giorni di permesso al mese che la legge garantisce loro per tutto il periodo lavorativo).
Ape sociale esteso alle parite iva
Di fatto però la situazione, almeno per quanto riguarda il papà di Marta e gli altri nelle sue stesse condizioni, potrebbe cambiare a breve. Nella Legge di bilancio è previsto che pure gli autonomi e le partite iva della gestione separata, con almeno trent'anni di contributi, possano andare in pensione in anticipo, se si prendono cura di una persona con disabilità, grazie all'ape sociale.
"Necessari più diritti per le giovani coppie con figlio disabile"
"Spero davvero che la legge passi e la nostra situazione si sblocchi perché non ce la faccio più. Ma non basta: bisogna pensare a tutte le giovani coppie che oggi lavorano con la partita iva. Il numero di persone che potrebbero avere i miei stessi problemi si è moltiplicato. Non è giusto che lo Stato non le aiuti. Non aiuti chi, proprio come un lavoratore dipendente, paga le tasse per avere zero diritti. Non è che le partite iva siano tutte milionarie. Conosco molti ragazzi costretti ad aprirla per poter lavorare. Nessuno assume più". (Per vedere il video con l'intervista alla signora Renata clicca qui)
"Nessuna maternità, nessun giorno di permesso"
"Io da mamma lavoratrice non ho avuto diritto alla maternità. In negozio fino all'ultimo giorno. Cinque giorni dopo la nascita di Marta ero di nuovo a lavoro. Quando abbiamo scoperto la sua patologia aveva un anno e mezzo. Tutte le volte che si ammalava, a differenza di qualsiasi mamma con un contratto dipendente e una figlia con quei problemi, non avevo diritto ai tre giorni di permesso con la 104. Invece un lavoratore dipendente può usufruirne se è parente di un disabile fino al secondo grado. Ma stiamo scherzando? Così dopo ogni nottata in bianco, dovevo vestirmi e correre ad aprire la mia attività, finché ne ho avuta la forza. Non è giusto. Questa disparità di trattamento è la cosa che più fa male.
Ora garantiranno, giustamente, l'anticipo pensionistico anche a chi fa un lavoro usurante - conclude la signora Renata -. Ma non si può immaginare quanto sia usurante l’esistenza di una mamma che per 365 giorni e notti all'anno fa questa vita".(Invia la tua storia a segnalazioni@monicaserra.it)
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