I Fondi sovrani pronti a suonare la ritirata dall’Occidente

I fondi sovrani sono pronti alla ritirata, la crisi finanziaria sta per esplodergli in casa e presto dovranno abbandonare le mire espansionistiche in Occidente per serrare i ranghi. Alcuni focolai di crisi hanno già contagiato il Golfo Persico. Ieri il Kuwait, secondo mercato finanziario dell’area alle spalle dell'Arabia Saudita, ha annunciato il primo salvataggio in Medio Oriente di un istituto di credito. La banca centrale del Paese ha deciso di commissariare il secondo istituto nazionale, Bank al-Khaleej, per mancanza di liquidità. Inoltre, per il terzo giorno consecutivo, 500 operatori della Borsa hanno manifestato contro lo scarso sostegno del governo al settore finanziario.
Ieri la Borsa del Kuwait ha perso il 2,2% portando il calo da inizio anno al 22%. Ma la crisi si è già espansa a macchia d’olio in tutta l’area. La Borsa dell'Arabia Saudita ha ceduto il 3,5%, accumulando un calo del 50% da gennaio. Perdite diffuse anche per le Borse di Abu Dhabi (-2%), Doha (-1,4%) e del Bahrein (-2,9%).
Per fronteggiare la crisi, l'Arabia Saudita ha messo in campo 2,3 miliardi di dollari a sostegno di cittadini a basso reddito e in difficoltà sulle restituzioni dei prestiti. Tutto questo mentre continuano a calare i corsi del petrolio, canale vitale per le economie dell'area. Il barile dall’ultimo picco dello scorso luglio (146 dollari) è a livelli più che dimezzati: poco più di 60 dollari.
Secondo un calcolo del Fondo monetario internazionale, molti Paesi dell’area hanno basato la loro sostenibilità finanziaria sul petrolio. Così per l’Arabia Saudita il pareggio dei conti si ottiene con un greggio a 49 dollari, per il Bahrein a 75 e per il Kuwait a 33 dollari al barile.
A far cadere la seconda banca del Kuwait sono state anche le scommesse sui cambi e l’esposizione al mercato immobiliare. Grossi finanziatori esteri hanno scommesso, sbagliando, che il Kuwait avrebbe abbandonato il cambio fisso col dollaro, spostando ingenti capitali in conti correnti locali, poi ritirati. E Hsbc, la più grande banca estera a concedere mutui nel Paese, ha tagliato al 70% dall’85% la percentuale finanziabile per l’acquisto di un immobile, costringendo in alcuni casi a ridurre anche del 50% il prezzo di valutazione delle case.
Il Kuwait è solo la punta dell’iceberg. I Paesi vicini infatti rischiano un contagio a catena, e l’effetto sulle nostre Borse sarebbe immediato. I fondi sovrani che si sono presentati come i salvatori della crisi in atto saranno presto chiamati ad aiutare in patria. In Italia la Lybian Central Bank ha da poco acquistato il 4,9% di Unicredit e punta a quote in Telecom Italia, Eni, Impregilo e Generali.
Non è un problema solo arabo. Ieri mattina la Banca di Korea ha tagliato il tasso di riferimento dello 0,75% a 4,25%, dichiarando di voler acquistare 7 miliardi di bond bancari al fine di fornire liquidità al sistema bancario e sostenere l’economia. «Solo un mese fa un fondo sovrano coreano aveva tentato il salvataggio di Lehman Brothers.

Gli effetti del mancato soccorso oggi sono noti a tutti - spiega un analista che avverte – i fondi sovrani non saranno la panacea della crisi. Anzi, se ieri il caro greggio ha gonfiato le loro casse, ora il calo del petrolio permetterà alle economie occidentali di tagliare i tassi senza temere l’inflazione e sperare in una ripresa».

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