I gioielli fanno infuriare Prodi

Con un’ampia e documentata inchiesta Il Giornale ha posto ieri un interrogativo che senza dubbio alcuno è di grande interesse nell’Italia dei privilegi, della lentezza amministrativa, del disordine di Stato, degli scaricabarile. L’interrogativo, ridotto all’essenziale, era questo: dove e come sono custoditi i donativi che la Presidenza del Consiglio riceve? L’interrogativo sarà stato magari formulato in forma impertinente, come accade nel giornalismo che non vuol essere sempre alla camomilla. Ma sulla sua legittimità non si dovrebbe discutere.
Oltretutto, l’inchiesta di Gian Marco Chiocci prendeva spunto proprio da un’iniziativa - doverosamente registrata e meritoria - di Prodi. Il quale poco prima di Natale aveva ovviato al vuoto normativo esistente in Italia su questo problema con un apposito decreto. Esso stabilisce che qualsiasi regalo «di rappresentanza» superiore ai 300 euro debba essere affidato ad un ufficio ad hoc. Se il destinatario se lo vuole tenere deve pagare la differenza fra i trecento euro e il valore effettivo. Visto che la novità aveva un indubbio valore simbolico oltre che monetario, visto che spesso e volentieri le novità fastidiose sono lasciate cadere nel dimenticatoio, era poi così stravagante e insolente il voler sapere come avesse avuto attuazione?
Per questa elementare verifica - utile ai cittadini - s’è mosso Gian Marco Chiocci, interpellando personaggi di vario rango - ma in generale altolocati - che presumeva potessero chiarirgli le idee. Il suo itinerario nel labirinto burocratico l’ha portato a due conclusioni. 1) Pare che nessuno, né in alto né in basso loco, sapesse esattamente dove fossero finiti i regali; 2) il locale, appositamente blindato, nel quale si prevedeva venissero riposti, era vuoto. Sul che, da buon cronista, Gian Marco Chiocci ha esaurientemente riferito.
La reazione del governo all’iniziativa del Giornale è stata intimidatoria, scomposta e arrogante sia nella forma sia nella sostanza. Prodi annuncia querela per il «chiaro intento diffamatorio» del servizio, il suo portavoce Silvio Sircana deplora «una campagna tesa evidentemente a denigrare il Presidente», il segretario generale di Palazzo Chigi Carlo Malinconico vorrebbe che l’avvocatura dello Stato chiedesse i danni per l’offesa arrecata all’immagine del Palazzo. Secondo Malinconico - che forse è tale anche per doversi impegnare in queste strane battaglie - l’inchiesta di Chiocci aveva il difetto d’essere «giocata tutta sulla circostanza assolutamente irrilevante dell’individuazione del luogo di custodia materiale».
Irrilevante un corno. Fin dai tempi dell’habeas corpus è stranoto quale importanza abbia, in uno Stato di diritto e di regole, il sapere dove una persona, un prezioso, un documento di valore ufficiale e di interesse pubblico sono tenuti. O si pretende che nel marasma d’una Italia dove enti inutili destinati a sparire continuano gagliardamente ad esistere, e vengono inaugurate strade e ponti pressoché inesistenti, l’uomo della strada debba fidarsi sulla parola di quanto dicono i politici? Il dubitare è il nostro mestiere. C’è, è vero, la campagna elettorale che scatena passioni e attizza polemiche: ma la par condicio cui ci si appella spesso e volentieri non può significare bavaglio alla stampa. Invece pare che i notabili di Palazzo Chigi la pensino proprio a questo modo, e vogliano aizzare la magistratura contro il Giornale. Troppo onore per noi, verrebbe da commentare. E troppo zelo - se posso sommessamente esprimere il mio parere - da parte di Prodi.

Al quale oso reiterare - sempre sommessamente - una domanda facile facile: come mai tante incertezze, reticenze e oscurità ieri e poi all’improvviso - sotto l’incalzare dell’inchiesta - tutto è diventato semplice?
Mario Cervi

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica