Andrea Bocelli, ora che festeggia trent'anni di carriera mondiale pensa ancora a quando le dicevano di cambiar mestiere?
«Mandavo provini ai discografici e rispondevano lei è bravo ma...».
Non sarà stato facile.
«A mia mamma dissero che dovevo mettermi l'animo in pace: Al massimo canterà a qualche matrimonio. Poi una volta al telefono c'era un tizio che mi voleva parlare».
Cosa le disse?
«Mi chiese che cosa facevo nella vita. Risposi che studiavo giurisprudenza. Ecco - mi rispose - continui a studiarla».
Ottanta milioni di dischi venduti dopo, Andrea Bocelli ha iniziato a celebrare i trent'anni di carriera cantando a sorpresa agli Oscar, poi ha raccolto il meglio del pop in una sorta di Bocelli & Friends nella sua Lajatico e adesso pubblica un disco di duetti, che si intitola appunto Duets e comprende tante collaborazioni inanellate in carriera (da Stevie Wonder a Ed Sheeran, Dua Lipa, Jennifer Lopez eccetera) oltre ad alcune nuove come quelle con Elisa e Shania Twain. In più, ieri sera a Roma nella sezione «Alice nella città» del Festival del Cinema di Roma, è stato proiettato in anteprima mondiale il film The Celebration, tratto dai concerti di Lajatico e diretto da Sam Wrench che ha appena firmato il film The Eras Tour di Taylor Swift (sarà nelle sale l'8 novembre). Anche Canale 5 trasmetterà due serate tra fine novembre e inizio dicembre condotte da Michelle Hunziker. Infine, per non farsi mancare nulla, il tenore è diventato «Andrea Vocelli» in PaperPuccini, il volume di Giunti Editore che celebra, alla maniera di Disney, i cento anni dalla morte di Giacomo Puccini. Insomma, resta «il tenore dei due mondi», quello pop e quello lirico. «Ma la differenza dove sta?» si chiede qui a Roma tra una presentazione e l'altra.
Oggi sembra che ce ne sia molta.
«Solo nel mio cellulare avrò decine di brani popolari di Beniamino Gigli o di Caruso, grandissimi tenori. Ai loro tempi la differenza nella vocalità tra canto popolare e lirico, al netto del talento, non era così enorme. Oggi nel canto popolare non c'è neanche una radice di quella tradizione.
Lei parla di Duets, duetti. Oggi nel pop e nel rap sono di moda i «feat.».
«Credo che in ambito artistico, scomodando Aristotele, ci sia una sola distinzione, quella tra il bello e il brutto».
Quando una musica è bella?
«Se dà buoni frutti, se lascia serenità, se è terapeutica, per me è una musica buona. Se ti spinge ad altre reazioni è molto meno buona».
Quindi il rap in genere non è buono?
«Bisogna avere il coraggio di distinguere caso per caso. Comunque in futuro rimarranno anche canzoni rap, ovviamente. Mai generalizzare. Anche ai tempi di Verdi o Puccini c'erano opere meno significative».
Nella lista dei suoi Duets c'è anche The prayer con Céline Dion. La sua esibizione alle Olimpiadi è stata accusata di playback.
«Con Céline io ho un rapporto di vera vicinanza, anche se quando ha detto che se Dio avesse una voce da cantante, dovrebbe assomigliare molto a quella di Andrea Bocelli mi ha obbligato a rispondere tantissime volte a questa domanda (sorride - ndr). Per quanto riguarda Parigi, per me è un miracolo che fosse lì, viste le sue condizioni fisiche e non mi sono posto il problema se fosse in playback oppure no».
Beyoncé le ha mai chiesto di collaborare?
«C'è una porta aperta. Suo marito Jay Z mi aveva chiesto di collaborare a un brano nel quale l'Italia non era dipinta come la intendo io e quindi gli ho scritto una lettera declinando l'invito».
Il rap americano è tormentato dalle presunte feste violente di Puff Daddy.
«In queste cose sono estremamente cauto ad esprimere giudizi. Si fa presto a essere tutti colpevolisti per poi magari doversi ricredere. Ci vuole tempo per capire meglio».
Torniamo in Italia. Il brano che lancia Duets è con Elisa. Per la Vanoni è una delle vere artiste italiane.
«È senza dubbio una cantante di grande valore».
A proposito, i cantanti sono minacciati dall'Intelligenza artificiale?
«La storia insegna che ogni grande invenzione ha creato paure. L'altro giorno mi hanno mandato un brano con la mia voce.
Non ricordavo di averlo cantato, poi ho sentito che l'accento toscano era troppo pronunciato e ho capito che era stato creato con l'Ia. Diciamo che non mi fa paura l'invenzione in sé, ma l'uomo che ne potrebbe fare un utilizzo sbagliato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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