I piccoli vecchi

È vero, forse il Sessantotto acquista una dimensione mitica e fulgida solo per chi non l’ha vissuto, sono le rose che non colsi, una modestissima età dell’oro tuttavia agognata, e dovete perdonarlo, da chi in contrapposizione ha dovuto sorbirsi un’adolescenza e una giovinezza negli anni Ottanta, quando il tema civile più lacerante era se indossare o meno le Timberland. Resta che di non aver fatto il Sessantotto dispiace infine anche a me, perciò sono d’accordo con la turgida malinconia espressa da Aldo Cazzullo nel suo libro I grandi Vecchi (Mondadori) laddove ammette che i trenta/quarantenni di oggi non hanno un collante o un progetto che li accomuni e che li definisca come generazione. Non che vi sia da rimpiangere lo spaventoso conformismo di allora, l’allucinazione ideologica sovente precipitata su una lucida e capitalistica scrivania: ma la continua veglia civile sì, la densità della ri-discussione pure, tutto era politica e forse era troppo, ma niente è politica, oggi, ed è troppo poco.

Sicché il trenta/quarantenne di oggi fa per conto proprio, non agogna uno scontro di generazioni bensì, in mancanza d’altro, l’accondiscendenza della generazione precedente, se ha talento emerge, nel caso di Aldo Cazzullo l’attende una scollata ma eccellente carriera.

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