Milano - L’obiettivo è uno solo: fare in fretta. Portare Silvio Berlusconi in aula, processarlo e farlo condannare per almeno una parte dei reati che gli vengono contestati: e farlo subito o quasi subito, prima che il clamore sollevato dall’inchiesta si sfilacci, l’attenzione dei media planetari cali, gli effetti del «Rubygate» sulla scena politica si attutiscano. Alle 19 di ieri sera, due flash di agenzia annunciano che la Procura di Milano ha scelto la sua strada per andare a tappe forzate al processo contro il presidente del Consiglio. L’inchiesta si spezzetta in due parti, anzi in tre. Può aspettare il processo a Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora, che pure per l’accusa sono la «Cupola» del giro di ragazze a pagamento. Può aspettare anche il processo a Berlusconi per prostituzione minorile, cioè per gli incontri ravvicinati con Karima el Mahroug in arte «Ruby Rubacuori». E invece si deve fare subito il processo al capo del governo per il reato di concussione, ovvero per la telefonata con cui, nella notte cruciale del 27 maggio scorso, premette sulla questura di Milano per il rilascio della ragazza marocchina. Da giorni, ormai, si intuiva che un granellino di polvere aveva inceppato la macchina da guerra organizzata dalla Procura sul fronte del bunga bunga. Un pasticcio procedurale, un intoppo quasi invisibile ad occhio nudo, e infatti sfuggito a lungo anche a Edmondo Bruti Liberati e ai suoi pm: il codice non consente di celebrare i giudizio con rito immediato per il reato di utilizzo di prostituzione minorile. E adesso cosa facciamo?, si sono chiesti a lungo gli inquirenti milanesi. Ancora ieri sera, nonostante le anticipazioni di agenzia, in Procura fanno sapere che una decisione ufficiale non è ancora presa, e non lo sarà prima di lunedì o martedì. Ma ormai non ci sembrano essere più dubbi. L’inchiesta contro il Cavaliere viene sezionata in diretta. Il fascicolo processuale viene diviso in tre. La richiesta di giudizio immediato che in settimana planerà sul tavolo del giudicepreliminare Cristina Di Censo riguarderà il solo Berlusconi, e il solo reato di concussione. Articolo 317 del codice penale, pena dai tre ai dodici anni. Ad aprile potrebbero cominciare le udienze. C’è più di un motivo, se la Procura sta esitando così a lungo prima di ufficializzare la scelta. Se il processo si frantuma, Milano rischia di perdere la competenza sul capitolo - penalmente meno rilevante, ma per altri aspetti fondamentale - delle serate di Arcore, che rischia di finire al tribunale di Monza. In questo fine settimana Bruti studierà con i suoi pm quali chance offre il codice di riunire i due capi d’accusa in un secondo momento. Ma anche se il ricongiungimento si rivelasse impossibile, quello che la Procura milanese prepara per il premier sarà comunque un processo a luce rossa. I pm chiederanno ai giudici chiamati a giudicare Berlusconi per concussione di convocare in aula a testimoniare i protagonisti e i comprimari delle feste di Arcore e del residence di via Olgettina. Non si possono capire il senso e la gravità della telefonata di Berlusconi in questura - sarà la tesi di Boccassini & C. - se non si ricostruisce quanto accadeva nelle residenze private del premier: i fatti di Arcore sono il movente della telefonata.
Nel frattempo, esce di scena l’avvocato di «Ruby», Massimo Dinoia: ha lasciato l’incarico dopo che sui giornali era finito un appunto trovato sull’agenda della ragazza, con accanto la cifra «settantamila ». «Sono abituato a vedere il mio nome in atti ufficiali. Far parte di atti acquisiti mi disturba, non è il mio stile», ha detto Dinoia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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