Hanno già 150 uomini in meno rispetto alla vecchia pianta organica che ne prevedeva almeno 900. E si tratta di personale appartenente a qualifiche di vertice, come quella di caposquadra e caporeparto, quindi figure importanti, necessarie. Con il risultato che chi resta deve lavorare il doppio e non può usufruire di permessi o licenze. Inoltre sono sei mesi che non percepiscono lo straordinario. E se consideriamo che uno qualsiasi dei loro neo assunti non guadagna più di 1.250 euro al mese (un caposquadra con 25 anni di servizio ne prende 1.450, un caporeparto in età pensionabile 1.550) i conti sono presto fatti e per tirare le conclusioni basta un’espressione concisa e non originale, ma che certamente dipinge in maniera esaustiva la situazione in cui vivono e lavorano i vigili del fuoco di Milano: una miseria.
«Noi della Cgil chiediamo al governo nuove assunzioni nel nostro settore attraverso un concorso regionale aperto a tutti. - ha dichiarato ieri mattina il sindacalista Renato Motta durante il presidio tenuto dai pompieri davanti al comando di via Messina - Attualmente chi concorre non può chiedere di essere assegnato a una sede piuttosto che a un’altra. Con il risultato che - poiché a Milano un pompiere resta al massimo un anno, un anno e mezzo al massimo e poi viene assegnato a un’altra sede - qui abbiamo sempre e solo ragazzi nuovi, quindi meno preparati. E pensare che, per fare un esempio, i vigili urbani e i ferrovieri restano almeno 7 anni nella città che scelgono o nel compartimento ferroviario di destinazione».
Il problema della carenza di personale si era già evidenziato in tutta la sua drammaticità durante la notte di San Silvestro del 2006. Quando, a causa di due grossi incendi scoppiati contemporaneamente - uno dei quali al campo nomadi di Triboniano - i rom videro arrivare il primo mezzo dei vigili del fuoco solo dopo oltre mezz’ora da quando avevano lanciato l’allarme e richiesto i soccorsi.
«Una metropoli come Milano non se lo può certo permettere! - sbotta ancora Motta - Soprattutto in considerazione del fatto che i vigili del fuoco hanno l’obbligo di garantire un minimo di due autopompe disponibili al giorno sulle quali operano almeno 6 persone. Infatti noi non scioperiamo nemmeno, per protestare ci limitiamo a dei presidi per non creare disagi alla popolazione. Guardi qui stamattina (ieri per chi legge, ndr)! Ci saranno al massimo un centinaio di colleghi e sono tutti liberi dal servizio!».
Gli emblemi del disagio dei pompieri a Milano si possono individuare in due di loro: Michele Giacalone, 44 anni, palermitano, marito e padre di due figli e Paolo Folco, 43enne milanese. «Ero a Palermo e dopo 18 anni di servizio ho vinto il concorso da caposquadra.
«Ho 15 anni di anzianità, prendo circa 1200 euro di stipendio e da un anno non mi pagano gli straordinari» conclude sconsolato Folco.
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