Tra i "ragazzi di Ginevra" gli scienziati italiani fanno la parte del leone

Ecco chi sono gli studiosi dell’esperimento "Opera" che può ribaltare le leggi della fisica e dell’universo

Tra i "ragazzi di Ginevra" gli scienziati italiani fanno la parte del leone

Lunedì prossimo, ai labo­ratori del Gran Sasso, a parlare dei neutrini più veloci della luce, sarà un giovane ricercatore napoleta­no ancora sconosciuto: si chiama Pasquale Migliozzi. Forse più di tanti nomi impor­tanti è lui che rappresenta al me­glio il team di «Opera»: 160 tra scienziati, ingegneri, tecnici e stu­denti appartenenti a 31 istituzioni e 11 Paesi diversi. Un grande pro­getto in cui l’Italia fa la parte del leo­ne, con i Laboratori nazionali del Gran Sasso e del Cern, numerose università (ben nove, da Bari a Pa­dova passando per Roma e Bolo­gna) e un importante sostegno fi­nanziario. Altri contributi e altri uomini vengono da Giappone, Bel­gio, Francia, Germania, Svizzera, Croazia, Israele, Corea, Russia e Turchia.

«È stato un lavoro di gruppo, una scoperta di gruppo», ha tenu­to a sottolineare Antonio Eredita­to, napoletano, 56 anni, da cinque alla guida dell’Istituto di Fisica del­le particelle dell’università di Ber­na. È lui il coordinatore di «Ope­ra». Ma chi sono gli altri protagoni­sti di questa scoperta? Solo alcuni sono balzati agli onori delle crona­che, come il famoso fisico Antoni­no Zichichi, autore del progetto che fa viaggiare i neutrini prodotti dal Cern fino al Gran Sasso. Crucia­le è stato il contributo del responsa­bile del gruppo francese Yves De­clais, dell’Institut de Physique Nu­cleaire de Lyon. Dello stesso cen­tro è l’italiano Dario Autiero, coor­dinatore dell’analisi fisica dell’esperimento. E poi ci sono altri ri­cercatori, non direttamente coin­volti in «Opera», che hanno colla­borato, come Mattia Crespi del di­partimento di Ingegneria civile, edile e ambientale de «La Sapienza» di Roma. Con Gabriele Colosi­mo e Augusto Mazzoni, ha esegui­to le misure geodetiche e i calcoli della distanza necessari per la sco­perta del Cern.

Di fronte alla scoperta i ricerca­tori si sorprendono, ma c’è qualcu­no che la trova naturale. «Con il mio collega Salvatore Capozziello - spiega il fisico Giuseppe Basini­da 10 anni abbiamo elaborato una teoria, Open Quantum Relativity , in cui può essere compreso questo nuovo fenomeno. È una teoria che spiega fenomeni istantanei, a tem­po 0 e altri astrofisici come i buchi neri e i parametri cosmologici. Apre la strada ad universi paralleli e afferma che i viaggi nel tempo so­no almeno concepibili».

Roba da fantascienza che diven­ta realtà? «Eh sì, perché il nostro presente è influenzato non solo dal passato, ma anche dal futuro. La linea del tempo non va in una so­la direzione: ha due frecce, una in avanti e l’altra indietro».Basini,di­rigente di ricerca dell’Istituto Na­zionale di Fisica Nucleare di Fra­scati è stato invitato per un anno al Cern di Ginevra, dove è rimasto fi­n­o a giugno per lavorare alle dimo­strazioni della teoria che ha elabo­rato con Capozziello, dell’univer­sità di Napoli «Federico II». La Open Quantum Relativity si candi­da­ora a possibile cornice della sco­perta di «Opera» («Oscillation Project with Emulsion-Racking Apparatus»), il rilevatore di parti­celle dei laboratori del Gran Sasso, capace di registrare il passaggio di neutrini «sparati» dall’impianto svizzero del Cern. Quelli di Basini-Capozziello e dei 160 ricercatori di «Opera» sono due piani di ricerca diversi.

E mentre il Cern elabora i dati, Basini avverte: «Sono esperi­menti estremamente interessan­ti, ma, attenzione: Einstein non sbagliava. La relatività funziona, va solo ampliata». Non va in crisi il principio di causa-effetto? «No, perché questi risultati vanno solo letti con una concezione spazio­tempo diversa da quella tradizio­nale ».

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