I SEGRETI DELLA SUPERVISTA

Dall’Università dell’Arizona arrivano gli occhiali intelligenti che si graduano da sé e che promettono di raddoppiare la capacità visiva. Gli scienziati: «Un paio servirà per tutta la vita»

Nino Materi

Sembrano un incrocio tra gli occhiali quadrati con la montatura bianca di Enrico Ruggeri dei tempi di «Contessa» e le lenti naif di Giampiero Mughini, colonna della trasmissione pallonara «Controcampo». Nei laboratori scientifici dell’Università dell’Arizona non hanno mai visto né Ruggeri né Mughini, ma il prototipo di «occhiali intelligenti» elaborato dai professori Nasser Peyghambarian e Guoqiang Li sembra rifarsi proprio al design dei nostri due variopinti showman. A fare il punto su questa invenzione «destinata a rivoluzionare il mondo dell’oculistica» è una documentata inchiesta del mensile Newton che nel numero in edicola si sofferma sulle caratteristiche del prototipo made in Usa.
Dopo cinque anni di studi la coppia Peyghambarian-Guoqiang ha presentato la sua «creatura»: un paio di occhiali a cristalli liquidi, le cui lenti cambiano fuoco a seconda delle esigenze. «Nel prototipo che abbiamo costruito si cambia il fuoco premendo un pulsante, trasformando gli occhiali "da vicino" in un paio "da lontano" - spiega Peyghambarian -. Ma presto il sistema diventerà automatico, e proprio come una macchina fotografica autofocus adatterà la lente alla distanza dell'oggetto osservato senza bisogno di intervento».
Le prospettive della scoperta aprono uno scenario che ingolosirebbe perfino a X-Men, eroe imbattibile in tema di poteri della vista: teoricamente, infatti, lo sviluppo della tecnologia potrebbe concretizzare «lenti intelligenti» capaci di cambiare caratteristiche adattandosi alle mutate esigenze dell'occhio. «Così non avremo più bisogno di un nuovo paio di occhiali a ogni peggioramento - evidenziano gli esperti -, ogni volta che servirà una lente diversa basterà inserire nel chip contenuto nella montatura i dati della nuova prescrizione. E sarà anche possibile programmare gli occhiali per avere una supervista».
«Dovremmo riuscire a raddoppiare la distanza massima alla quale riusciamo a vedere con chiarezza», dichiara Ron Blum, capo della PixelOptics, società americana che ha acquistato il brevetto per commercializzare gli occhiali elettronici. «La cosa è seria - si legge nel reportage di Newton -, tanto che la PixelOptics ha ottenuto un finanziamento di 3,5 milioni di dollari dal Dipartimento della Difesa americano proprio per lo sviluppo della supervista».
«Ciascuna lente degli “occhiali intelligenti” è costituita da due pezzi di vetro piatti distanti cinque millesimi di millimetro (circa un ventesimo del diametro di un capello!) - sottolineano i ricercatori -. Lo spazio vuoto è riempito con cristalli liquidi, come quelli dei monitor e delle tv più nuove. I vetri sono rivestiti con uno strato ancora più sottile (un decimillesimo di millimetro) di ossido di indio, un elettrodo trasparente, stampato a circonferenze concentriche. Applicando una corrente molto leggera (inferiore ai due volt) gli elettrodi orientano le molecole dei cristalli liquidi. Il risultato è un pezzo di vetro piatto che si comporta come se fosse una lente».


I primi a godere delle nuove lenti saranno probabilmente le persone che soffrono di presbiopia, un difetto dovuto all'invecchiamento del bulbo oculare che con il tempo perde la sua elasticità e quindi la capacità di cambiare fuoco da lontano a vicino.
«Certo - conclude Peyghambarian - prima dovranno creare montature più belle di quella del nostro prototipo». Anche Ruggeri e Mughini se ne faranno una ragione.

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