I tedeschi insultano l’Italia Prodi incassa e li ringrazia

Il primo ministro ha scritto al cancelliere Merkel con cui ha visto la partita a Dortmund: «La Germania è un grande Paese di riferimento»

Fabrizio de Feo

da Roma

Germania-Italia era iniziata con i tifosi tedeschi che fischiavano l’inno di Mameli, tale la rabbia per il caso Frings, e finirà con la gioia di Romano Prodi seduto in tribuna d’onore accanto ad Angela Merkel, primo ministro tricolore e cancelliere tedesco. E al raddoppio di Del Piero Prodi si alzerà in piedi euforico, il tifo è tifo e non c’è protocollo che tenga quando in ballo c’è una finalissima mondiale, per di più nella tana del «nemico» che però il bolognese non considera tale. Prodi ricorda il Pertini di Madrid, Italia-Germania finale del mondiale spagnolo ’82.
E a fine partita e a vittoria assicurata con un uno-due micidiale, assieme alla ministra Melandri il premier è andato sotto la curva dei tifosi azzurri. Poi i due, accompagnati dal presidente del Coni Gianni Petrucci, sono entrati nello spogliatoio degli azzurri che li hanno accolti sulle note di O sole mio cantati da Totti e compagnia azzurra. E poi le felicitazioni: «Complimenti Italia, complimenti Lippi, mi piace la tua passione», il premier felice che poi si ricorderà degli sconfitti: «Complimenti anche alla Germania per la sua sportività».
Certo che noi italiani saremo anche «i soliti parassiti». Saremo pure «mammoni, vanitosi, inconcludenti e viscidi», come ha scritto Der Spiegel, oltre che «spioni» scorretti, come suggerito da quasi tutti i quotidiani teutonici, convinti che la squalifica di Frings sia figlia più delle immagini delle tv nostrane che del pugno dato a Cruz dal tedesco. Ma nessuno potrà dire che siamo vendicativi, se non sul campo.
Chi si aspettava un gesto di orgoglio, un moto di protesta, magari anche solo un buffetto, un rimprovero benevolo indirizzato alla Merkel è servito. L’Italia di fronte al diluvio di insulti e di offese al confine tra gioco e razzismo, tipico umorismo di Germania, resta alla finestra. Incassa senza fiatare. E quasi quasi conia un cordiale ringraziamento ai propri sbertucciatori. Il nostro morbido difensore, il nostro incassator cortese è il presidente del Consiglio, Romano Prodi. È lui a a indirizzare un messaggio alla sua controparte, vergando parole non proprio dure e graffianti. Una missiva che in qualche passaggio ricorda Massimo Troisi e Roberto Benigni e il pezzo della «lettera a Savonarola», in Non ci resta che piangere, quando si dicono pronti a inginocchiarsi di fronte al predicatore e a farsi pure calpestare.
«La Germania è molto più di una squadra avversaria» scrive il Professore al cancelliere tedesco. «Per noi è il grande Paese di riferimento. La nostra forza politica ed economica è reale solo se c’è accordo con la Germania». Concluso l’incipit elogiativo, il premier contribuisce a mettere benzina sul fuoco delle critiche tedesche, soffermandosi sullo scandalo intercettazioni e su Moggiopoli. «Conosciamo i gravi problemi del nostro calcio. La partita di questa sera non cancella i suoi mali, non può far scivolare in secondo piano gli aspetti anche delittuosi che sono emersi. Il calcio italiano va profondissimamente riformato». Infine, parlando del match quando ancora doveva essere giocato, il presidente rimarca che «gli azzurri stanno esprimendo i valori positivi del nostro popolo: impegno, fantasia, talento. Intorno a loro c’è la passione del Paese».
La morale della lettera è semplice: i tedeschi ce le cantano. Ma Romano Prodi non lo sa o finge di non saperlo. E nelle sue parole la Germania diventa «il grande Paese di riferimento». E poco importa che, usando la pancia più che la testa, i teutonici abbiano trascorso le ore precedenti il big match ad attingere nel pozzo profondo dei luoghi comuni da commedia di serie B senza che si siano levati voci governative per stoppare la valanga di insulti. Nella realtà parallela di Prodi, evidentemente quel che conta è la grande vetrina della semifinale vissuta per la prima volta in tribuna. Un battesimo per il quale il premier ha avuto accanto a sé il ministro dello Sport, Giovanna Melandri e il titolare dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, oltre alla Merkel omaggiata di un bacio pre-partita.
Il tifoso dell’ultima ora, l’uomo che per Tiziano Treu «ha sempre avuto una fortuna sfacciata», un curriculum che si è arricchito del «fattore C» a Dortmund, all’invito della Merkel aveva già risposto sulla Gazzetta dello Sport. «Ci sarò e sono felicissimo di esserci. Germania-Italia è il grande, eterno confronto». Parole immaginifiche dettate mentre la Bild, dalla sua alta autorità morale, chiamava i tedeschi al Pizza Boykott, alla messa al bando di Margherita e Capricciosa a favore di una dieta salsiccia e crauti.

Eppure, posto che l’autocritica fa parte del nostro bagaglio culturale, una reazione più incisiva avrebbe potuto produrla perfino il buon Romano che ha puntato sulla scorciatoia pertiniana di Spagna ’82. Dimenticando in fretta la «cordiale» ospitalità tedesca.

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