I tranelli mascherati da patriottismo

De Bortoli ieri ha auspicato che presto si possa dire "Siamo tutti italiani". Ma il Corriere dovrebbe essere in prima linea a denunciare le schegge impazzite di questo sistema

I tranelli mascherati 
da patriottismo

Ieri il direttore del Corriere della Se­ra , Ferruccio de Bortoli, ha auspica­to che si potesse dire: «Siamo tutti italiani», parafrasando quel «Sia­mo tutti americani» scritto esattamente dieci anni fa all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle. Condividiamo, ma il Corriere non specifica i destinatari di un appello che ha come obiettivo quello di rinsaldare il Paese sotto attacco della spe­culazione finanziaria internazionale. Provo a buttare lì: agli editori di quei gior­nali che ogni giorno si attaccano a tutto per screditare con violenza il governo e il Paese agli occhi del mondo (editori che spesso coincidono con quei banchieri e imprenditori che sull’ottovolante delle Borse probabilmente stanno moltipli­cando i propri soldi)? Oppure a quei magi­strati che dopo aver fallito la via giudizia­ria ordinaria stanno braccando il pre­mier nella sua vita privata commettendo illegalità e scorrettezze di ogni genere? A quei conduttori televisivi che hanno man­dato in onda una rappresentazione del­l’Italia talmente parziale e forzata da farla risultare l’opposto della verità?A una op­posizione accecata dall’odio e dall'invi­dia, frustrata da un digiuno di potere che le ha fatto perdere ogni credibilità come alternativa? Alla presidente di Confindu­stria che se­mina sentenze che destabiliz­zano il sistema più di quanto, cosa non fa­cile, lei sia riuscita a fare negli anni del suo mandato? A sindacati comunisti che vorrebbero inchiodare il mondo del lavo­ro a ricette che hanno fallito in tutto il mondo?

Perché se l’invito a sentirsi tutti italiani non è rivolto a questi signori, mi chiedo a chi. Il dubbio è che nella testa del Corriere ci fosse Berlusconi stesso, cioè dirgli che sentirsi italiani oggi significa farsi da par­te, cedere il passo ai banchieri, oppure a quel genio di Fini (quello del 2 per cento), o, perché no, a Vendola e Bersani. E per fare che cosa? Non mi risulta che sul tappeto ci sia una proposta politica o una ricetta economica migliore di quelle messe in campo dall’attuale maggioranza. Nella quale, è vero, si agitano miracolati ingrati quanto mediocri (da Pisanu alla Polverini) ma non c’è alcun sintomo di cedimento. I voti di Berlusconi e Bossi non sono in vendita. Nessun governo, tecnico o politico, al di fuori di questo, potrebbe contare oggi o domani su una maggioranza parlamentare. Né qualcuno può pensare che Berlusconi si spaventi o scappi di fronte all’ennesimo agguato giudiziario messo in piedi da procure spregiudicate e in malafede.

Non sarà una accusa o un processo in più a far crollare l’uomo più perseguitato della storia giudiziaria italiana e probabilmente mondiale. Proprio perché si sente italiano, Berlusconi domani sarà a Bruxelles con i suoi colleghi capi di Stato a difendere l’Italia invece che con il pm Woodcock che vuole sapere delle sue telefonate private su temi che nulla hanno a che fare con ipotesi di reato. Ecco, se è davvero il momento di sentirsi tutti italiani, il Corriere della Sera dovrebbe essere in prima linea a denunciare anche le schegge impazzite di questo sistema.

Se non accadrà, sarà la prova che siamo di fronte all’ennesimo tranello mascherato da patriottismo retorico. Il vecchio sogno della sinistra da 18 anni a questa parte: italiani, ma senza Berlusconi tra i piedi a rovinare i giochi e gli affari dei soliti noti.

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