Ilary Blasi: "Iene e Gialappa per 4 ore. Io rido, Totti va a dormire"

Intervista con la primadonna di Italia 1, tornata in tv con una lunga diretta: "Noi volgari? Certo, non siamo Famiglia Cristiana"

Ilary Blasi: "Iene e Gialappa per 4 ore. Io rido, Totti va a dormire"

Cara Ilary Blasi, ha letto le critiche?
«Quali?».

Per esempio hanno scritto che Mai dire candid è troppo volgare.
«Sicuramente è una trasmissione trasgressiva, un po’ sopra le righe, non è certo Famiglia Cristiana. Magari anche per mia nonna non va bene, ma agli amici è piaciuta».

Certi sketch sono troppo lunghi, dicono...
«Mah, non mi pare. Secondo me vanno bene così».

E aggiungono, è la solita candid camera, ormai spolpata fino all’osso...
«Ma è una formula che alla fine interessa. Se è fatta bene ti fa ridere».

Quindi nessuna correzione in corsa per la seconda puntata...
«Vedremo cosa salta fuori dalle prove».

Meglio critiche negative e buoni ascolti o viceversa?
«La tv di oggi pensa solo allo share, ma a me premono anche le critiche. E allora preferisco gli elogi, anche se con ascolti non proprio esaltanti».

Con la Gialappa’s bisogna saper rispondere a tono. E anche il mago Forest è un maestro del pigliaingiro... Le sembra di essersela cavata?
«Credo di sì. Più mi attaccano, più mi diverto. Specialmente dietro le quinte. In tv si vede soltanto una parte degli scherzi che ci facciamo».

Lei rischia di fare da valletta a Forest?
«E perché mai? Ognuno ha il suo ruolo e nessuno pesta i piedi all’altro. Certo, poi dipende, se uno non ha personalità... ».

Senta, subito dopo Mai dire candid, alle undici di sera, lei fa anche Le Iene. Una bella faticaccia...
«Sì, una bella sfacchinata. Ma per ora non mi pesa. Se fai un lavoro che ti piace il tempo passa veloce. Poi lo facevo anche l’anno scorso e in più avevo la pancia. Quest’anno ho mezz’ora in più, ma senza pancia. Quindi, siamo lì».

Ma anche per il pubblico quasi quattro ore con Ilary Blasi non sono poche. Totti giovedì scorso è rimasto in piedi fino alla fine?
«No, è andato a dormire prima. Ma lui ha gli allenamenti».

Più copione o più improvvisazione?
«Una scaletta c’è. Ma capita che la si cambi, anche lì per lì. Facciamo una caciara...».

Panico?
«No, è tutta adrenalina. Alla fine ti butti. C’è di buono che noi siamo molto affiati. Con Forest ho già fatto il Festivalbar, con la Gialappa’s devo ancora prendere confidenza».

E le Iene, Paolo o Luca?
«Non mi piace scegliere. Luca è più espansivo, Paolo più introverso. Ma non è detto che sia così».

Sa scrivere Kessisoglu senza sbagliare?
«Comincia con la K e finisce con la U».

Differenze fra lei e Cristina Chiabotto?
«Due, la statura e l’età».

Neanche a farlo apposta, l’ha poi ritrovata al Festivalbar. Siete amiche?
«Sì, anche se viviamo in due città diverse. Se ci incontriamo... ».

Festivalbar, Sanremo con Panariello, Iene: a ventisei anni ha fatto già tutto. Le manca solo Miss Italia...
«In che senso?».

Da conduttrice.
«Ah, ecco. Perché da concorrente l’ho già fatto nel ’98. Avevo diciassette anni».

E come si è piazzata?
«Tra le prime cinquanta. Ha vinto Gloria Bellicchi».

Che ingiustizia. Senta, e al cinema non pensa?
«Mi piace molto, ma per ora c’è la tv».

Allora c’è la fiction, non occorre neanche saper recitare...
«Mi piace di più il cinema».

Lei guadagna bene, ma quanto in meno di suo marito, che secondo la Gazzetta dello Sport prende 450mila euro al mese?
«Non so quanto guadagna Francesco. Io tengo i miei conti, lui i suoi».

Ha sofferto di più per i sette gol che la Roma ha beccato dal Manchester o per le voci di corna?
«Non me ne può fregà di meno, di tutte e due».

L’autoironia di Totti è saltata fuori dopo i libri di barzellette... Una sorpresa anche per lei?
«No, per me no. Nella vita privata è sempre stato molto spiritoso. In campo non può fare il giullare».

Se Francesco cambiasse squadra e città, quale preferirebbe, Londra, Madrid, Milano, Barcellona o Monaco di

Baviera?
«La squadra non mi interessa, seguo pochissimo il calcio. Come città sceglierei Milano per la comodità, Londra per la lingua».

Quando prenderà l’Oscar?
«Tra una decina d’anni?».

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