Imputato Garibaldi assolto

Assolto, sentenzia il collegio giudicante costituito da Valerio Zanone presidente, Massimo Teodori e Fulvio Conti giudici a latere. L’imputato è niente di meno che Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi. A svolgere la funzione di pm è Roberto Gervaso, mentre il collegio di difesa è formato da Santi Fedele e Alessandro Meluzzi. Tre i capi d’imputazione: avere con l’impresa dei Mille stroncato il processo di sviluppo avviato sotto il governo borbonico al Sud e aver procurato danni al Nord e alla sua economia a seguito dell’Unità d’Italia. E qui l’assoluzione «perché il fatto non sussiste». Mentre per aver contribuito all’abbattimento del potere temporale dei Papi l’assoluzione è secondo la formula «perché il fatto sussiste, ma non costituisce reato».
Un modo inconsueto di pensare al passato per comprendere il presente, come inconsueta è l’aula che ospita l’ipotetico tribunale, il giardino gremito di invitati della Villa «Il Vascello», sede romana del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani che in occasione del XX settembre, anniversario della Breccia di Porta Pia e del bicentenario della nascita di Garibaldi ha riproposto i temi classici della storiografia antigaribaldina e antirisorgimentale, organizzando una giornata di studi in forma processuale. Una riflessione su un personaggio complesso che ha dedicato l’intera vita a un ideale universalistico e che fra oscillazioni fra repubblica e monarchia, asprezze anticlericali e intemperanze antiparlamentari, ha costituito il cemento della nazione. Ma il ritratto che ne emerge rivela anche lati meno noti dell’eroe.

Garibaldi che visitò Roma da bimbo su una chiatta, ebbe sempre presente la questione che oggi si direbbe delle infrastrutture. Pensava al risanamento del Tevere e voleva un porto fluviale per fare Roma simile a Londra. Del progetto non se ne fece niente. A parte i famosi muraglioni.

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